“La Comunità di Capodarco proposta di speranza”. Sulla via di Damasco apre l’anno con Vinicio Albanesi e i suoi ragazzi

Associazione L’Arcobaleno durante le riprese

“Quando si parla di disabilità molto spesso ci si sofferma sulle cose esteriori, un arto che non funziona o una carrozzina, in realtà dietro a ogni volto c’è una storia, ci sono sogni, speranze e tristezze quindi occorre sposare la causa della felicità personale e di chi si ha accanto. In fondo verso la felicità vanno tutti, aldilà delle condizioni in cui si trovano”. Intervistato da Eva Crosetta con queste parole il presidente della Comunità di Capodarco, Vinicio Albanesi, ha introdotto la puntata di domenica 3 gennaio del programma di Rai Due “Sulla Via di Damasco” (qui il link alla puntata), che ha scelto di aprire l’anno raccontando il “mondo Capodarco” attraverso testimonianze e ritagli di vita comunitaria. Il tutto a partire da quell’idea rivoluzionaria che nel Natale di 54 anni fa ha dato il via ad un modello di riferimento che ha teso le mani agli ultimi.

“Sono stato ordinato sacerdote nel 1967, terminati poi gli studi a Roma ho deciso di dedicarmi a questa missione e a questo modo di fare il prete avendo conosciuto don Franco Monterubbianesi che nel frattempo aveva fondato la Comunità di Capodarco – ha raccontato Vinicio Albanesi. La Comunità nacque dai viaggi dell’Unitalsi che si svolgevano a Loreto e a Lourdes, erano persone generalmente con una disabilità fisica che al termine di quell’esperienza hanno posto a don Franco la domanda “e adesso cosa facciamo?”. Da li è scattato una specie di lampo, di umanità e genialità riuscendo a vedere che dietro a quelle persone c’erano delle aspettative, dei bisogni e delle speranze e si è creata una dimensione di tipo familiare e di condivisione che dura tuttora. Col passare degli anni poi c’è stata un’evoluzione nel percorso comunitario in quanto il territorio ci ha chiesto risposte su altri ambiti delicati come il disagio giovanile e quello psichico”.

È per riempire questo vuoto che sono sorte le Comunità L’Arcobaleno e San Girolamo, la prima rivolta a persone con età compresa tra i 18 e i 30 anni nelle quali la dipendenza da sostanze stupefacenti non ha ancora determinato un grave deterioramento sociale e personale, mentre la seconda accoglie oggi 40 persone con problematiche psichiatriche. Proprio alcune di queste storie sono state le protagoniste di “Sulla via di Damasco” attraverso le parole di chi ha ritrovato la dignità dopo l’emarginazione e la solitudine.

La Comunità San Girolamo

“La nostra scommessa è sempre stata quella di non rassegnarci alla malattia ma di continuare a guardare alla persona” – ha raccontato il coordinatore dell’area clinico-riabilitativa del San Girolamo, Eugenio Scarabelli. “Per cui l’ospite che arriva non è solo una patologia da affrontare ma una storia e un vissuto da scoprire”.  La comunità di San Girolamo è nata nel 1999 con la presa in carico degli ultimi pazienti manicomiali sul territorio e oggi rappresenta uno degli ultimi livelli di intervento psichiatrico per queste persone. Le telecamere del programma di Vito Sidoti si sono poi spostate a pochi km di distanza dove è attiva l’Associazione L’Arcobaleno: “Ci siamo resi conto che i programmi residenziali di stile anni ’80 e ’90, dove le comunità erano dei luoghi chiusi dove erano tutti accomunati da uno stesso problema, non funzionavano più” – ha spiegato il coordinatore della struttura Michele Rocelli. “L’idea di una comunità aperta è quella di un realtà che si muove nella società, dove il cancello è aperto e i ragazzi non fanno palestra o calcetto solo qui dentro ma anche fuori. C’è chi ha passioni, interessi e desideri e qui sono i ragazzi i protagonisti della situazioni nelle quali vogliono riuscire a promuovere benessere”. Infine l’attenzione si è spostata sulla testimonianza di vita dei fratelli Giacomo e Giovanni Spartano che a Capodarco hanno trovato una casa e una famiglia accogliente che ha dato risposta al loro desiderio di indipendenza e riscatto.

La disabilità non annulla i sogni, anzi in certi casi li raddoppia” – è la frase di Vinicio Albanesi che maggiormente identifica il loro spirito. Un messaggio di speranza che all’alba del 2021 apre a speranze e sogni: “Il mio è quello di dare una risposta ai ragazzi adolescenti che stanno a mezza strada tra la crescita, lo sbandamento, la ribellione, la voglia di crescere. Quell’età che oscilla tra i 13, 14, 15 anni, in cui ci sono dei ragazzi che hanno  anche dei tratti psichiatrici. E c’è il nulla. Io non sono in grado – ha concluso il presidente della Comunità di Capodarco, – ma posso fare sempre il nonno. Perché ne hanno bisogno, hanno bisogno di sostegni perché trovino la loro strada”.