La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.32 – SORELLE

Ho letto che alcune rappresentanti del mondo cosiddetto “femminista”, abbiano proposto di chiamarsi tutte sorelle: quante sono discriminate per qualsiasi motivo, per problemi di genere, di lavoro, addirittura di territorio. Non so se sia vero e se funzionerà. Se così fosse credo la novità rappresenti una scintilla di un modo diverso di affrontare e vincere le discriminazioni.

Oltre a formare un gruppo più vasto e coeso, non distinguendo i motivi della discriminazione, introduce un approccio che appella all’umanità. Essere sorella attiva sentimenti di accettazione all’interno della famiglia e della cerchia di amici ed evoca un profondo rispetto affettivo e relazionale di portata profonda e universale. Non solo per sé, ma anche per chi ascolta ed è lontano. Proprio perché sorelle quante sono discriminate possono far valere le giuste ragioni. Soprattutto nei confronti degli uomini, asserragliati nei loro privilegi, chiaramente discriminatori e ingiusti. Data questa premessa sarebbe utile proseguire in battaglie non violente e non per questo meno efficaci.

Nelle nostre culture impregnate di arrivismo, visibilità, forzature è difficile seguire metodi non violenti cari ad altre culture (si pensi all’India): anche in occidente si è partiti da gesti simbolici espliciti, come le scarpe rosse o le panchine contro le violenze sulle donne. Si appella spesso al cambio di educazione e cultura. Sono necessari tempi lunghi e un gran lavoro. Oltre le rivendicazioni, il dialogare, l’aver pazienza, l’istruire è il metodo migliore per ottenere risultati. La storia dice che, in continuo, è stato doveroso rivendicare giustizia. I risultati sono stati ottenuti a prezzi di intelligenza e di lavoro; a volte addirittura con dolore e con la vita.

La prospettiva dell’essere sorelle evoca un mondo diverso da quello attuale, aggressivo e competitivo. Proprio da chi è emarginato può nascere il segno di un mondo aperto e recettivo: vivere nella paura con la conseguente difesa restringe la visione del convivere, a rischio futuro di solitudine e di abbandono. Vale per i generi, per le famiglie, per le città, per il mondo intero. Essere accoglienti, delicati, fraterni piace a tutti. In termini politici significa sognare la pace per un mondo armonioso e reciproco.