La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.30 – MATRIARCATO

Il 25 Novembre di quest’anno, la Giornata contro le violenze sulle donne ha avuto un risalto particolare. Le donne uccise nel 2023 in Italia sono state 106. I media hanno pubblicato dettagliatamente i loro nomi e le date dei delitti.  87 di loro (84,46%) sono state uccise da familiari o ex partner; 5.452 le vittime di violenza nel 2022.

La morte di una giovane ragazza, Giulia Cecchettin, da parte del suo ex fidanzato ha scatenato le coscienze tutte che hanno manifestato, gridato, chiesto il cambio di cultura di un patriarcato violento che ancora persiste nella cultura occidentale. Si sono invocate nuove norme punitive, sulla base del rispetto della donna in qualsiasi circostanza; è stata chiesta l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole: un’educazione complessiva per cambiare passo e cultura.

La sudditanza della donna ha una storia plurimillenaria: dalla cultura ebraica, a quella greca, romana, cristiana. In forme crudeli, fino all’uccisione per futili motivi. L’approccio dei diritti non funziona: ognuno, anche il persecutore, appronta suoi diritti. Il motivo profondo delle disuguaglianze non può avere per base la competizione. Ad ogni svolta di uguaglianza, si affacciano altri diritti che ricreano, a loro volta, ingiustizie.

Se si riuscisse a riportare a parità la dignità tra uomo e donna, risorgerebbero altre disuguaglianze: giovane e vecchia, istruita e ignorante, sposata e nubile, ricca e povera, maritata e vedova, senza figli e con figli. Il patriarcato va combattuto perché è la somma delle disuguaglianze: senza aspirare al matriarcato che rappresenterebbe l’latro lato della medaglia.

La strada da percorrere è l’umanità. Gli antichi romani la identificavano con la pietas: verso gli dei e verso i parentes. La parola pietà, nel linguaggio moderno è diventata dispregiativa. L’umanità è la strada migliore per recuperare virtù e attenzioni capaci di una cultura rispettosa e armoniosa. Come sintesi si puo citare un brano che Rabano Mauro, di Magonza, nel IX secolo invocava:

«Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto.
Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch’è sviato».

Lo chiedeva allo Spirito, ma si può chiedere a ogni creatura umana.