Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 18 marzo, entra ufficialmente in vigore la riforma dell’assistenza agli anziani, contenuta nel decreto legislativo 15 marzo 2024, n. 29. Un traguardo raggiunto secondo le tempistiche previste, dal momento che, in base al Pnrr, il decreto doveva concludere il suo iter entro la fine del primo trimestre del 2024. Ma per molti si tratta di un’occasione mancata, se non una promessa tradita.
Innanzitutto, le novità. Il decreto introduce diverse nuove misure e procedure, rivolte a persone che abbiamo compiuto 70 anni. Per “la prevenzione della fragilità e per la promozione della salute, dell’invecchiamento attivo delle persone anziane, della sanità preventiva e della telemedicina in favore delle persone anziane”, saranno adottate, entro 90 giorni, “Linee di indirizzo nazionali per la promozione dell’accessibilità delle persone anziane ai servizi e alle risorse del territorio”.
Per “contrastare l’isolamento e la deprivazione relazionale e affettiva”, si parla di “cohousing” (articoli 15, 16, 17 e 18): anche in questo caso vengono previste, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto, “Linee guida volte a definire le caratteristiche ed i contenuti essenziali di interventi e modelli di coabitazione solidale domiciliare per le persone anziane (senior cohousing) e di coabitazione intergenerazionale (cohousing intergenerazionale), in particolare con i giovani in condizioni svantaggiate”.
Accesso ai servizi semplificato
Snaa, Leps e Pua sono tre sigle corrispondenti ad altrettante novità introdotte dalla riforma, per il “riordino, semplificazione e coordinamento delle attività di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria”. Primo, l’istituzione del Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (SNAA), “costituito dall’insieme integrato dei servizi e delle prestazioni sociali, di cura e di assistenza” (art. 21). Secondo, l’“individuazione ed erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali” (art. 22). Un ruolo chiave viene assegnato anche ai servizi di comunità e alla sussidiarietà orizzontale, da realizzare anche con il contributo del Terzo settore (art. 25). Parola chiave della riforma è l’integrazione socio-sanitaria, di cui si parla nell’articolo 26. Per quanto riguarda la terza sigla di cui sopra (PUA), questa ha a che fare con la fondamentale riforma del sistema di accertamento (art. 27): la valutazione multidimensionale e il conseguente l’accesso ai servizi sociali e ai servizi sociosanitari avverrà infatti attraverso i Punti unici di accesso, collocati all’interno delle Case della comunità.
Prestazione universale e lavoro di cura
E poi c’è la Prestazione universale (art. 34), istituita, in via sperimentale, dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026. Questa è commisurata allo specifico bisogno assistenziale e ha lo scopo di “promuovere il progressivo potenziamento delle prestazioni assistenziali per il sostegno della domiciliarità e dell’autonomia personale delle persone anziane non autosufficienti”. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, saranno stabilite le modalità attuative e operative della prestazione. Intanto, l’articolo 35, fissa i requisiti richiesti: l’età minima di 80 anni, un livello di bisogno assistenziale gravissimo, un Isee inferiore a 6 mila euro; la titolarità dell’indennità di accompagnamento. La prestazione è erogabile sotto forma di trasferimento monetario e di servizi alla persona e consiste in una quota fissa monetaria corrispondente all’indennità di accompagnamento e una quota integrativa definita “assegno di assistenza”, pari a 850 euro mensili. Quest’ultimo è finalizzato a remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza, svolto da assistenti domiciliari titolari di rapporto di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore. A proposito di lavoro di cura, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, linee saranno pubblicate linee guida per l’attuazione di percorsi formativi per le professioni di cura per l’acquisizione della qualificazione professionale di assistente familiare. L’articolo 39 è dedicato ai caregiver familiari: ne vengono riconosciuti ruolo e funzioni e previsti eventuali supporti, da cui però “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Patto non autosufficienza: “La riforma non c’è”
“Il testo pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale è quasi identico a quello circolato: il governo non ha ascoltato nessuna delle voci che in queste settimane si sono raccolte, dalle regioni al Patto, fino alle Commissioni parlamentari. L’unica modifica rilevante riguarda gli anziani tra 65 e 70 anni: nella bozza venivano esclusi da ogni beneficio. Ora, sono esclusi dalla legge, ma se erano beneficiari di interventi, continuano a beneficiarne”. Per tutto il resto, il decreto non è cambiato. “E non cambia, quindi, il nostro giudizio negativo – afferma Pesaresi – Di fatto, è una mancata riforma, che non attua le legge delega 33. Ci sono alcuni aspetti positivi, che riconosciamo: come la semplificazione e il miglioramento del sistema di valutazione. Per tutti gli altri impegni annunciati, o c’è il tradimento (volendo usare un termine meno forte, una mancata attuazione), o c’è il rinvio al futuro. Gran parte dei provvedimenti vengono rimandati a decreti attuativi e linee guida: l’assistenza residenziale, l’integrazione socio sanitaria dell’assistenza domiciliare e molte altre riforme che si attendono da tempo. Questo, che doveva essere un decreto attuativo, rimanda a sua volta a ben 22 decreti (per l’esattezza, 17 decreti e 5 linee guida). Anche la riforma dell’indennità di accompagnamento, di fatto, viene rinviata: è prevista una sperimentazione per due anni, ma per pochissime persone: secondo i calcoli, meno di 30 mila su 1 un milione di persone. Dopo di che, non si sa cosa accadrà. Manca anche la riforma dell’assistenza domiciliare, che oggi è pensata solo per chi esce dall’ospedale e non per chi ha bisogni di lungo termine e più globali”.
Nulla cambierà, quindi, per gli anziani di domani, rispetto agli anziani di ieri? “L’unico cambiamento riguarderà l’accesso ai servizi, con la semplificazione della valutazione. Questo è certamente apprezzabile. I servizi, però resteranno sostanzialmente gli stessi. Noi, come Patto per la non autosufficienza, continueremo a batterci per l’attuazione della riforma: confidiamo che sui decreti da approvare ci sia spazio per lavorare. Non ci possiamo arrendere al fatto che tutte le nazioni vicine (Spagna, Grancia, Germania, Austria…) abbiano leggi sulla non autosufficienza idonee ai bisogni dei loro anziani. Mentre noi, che abbiamo una delle popolazioni più anziane d’Europa, non riusciamo a farcene carico in modo adeguato”.
Fonte: Redattore Sociale