La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.46 – DENARO E DEMOCRAZIA

Tre esempi illustrano il rapporto tra denaro e democrazia. Il regista Matteo Garrone ha dichiarato più volte che il suo film “Io capitano” non ha ricevuto gli Oscar di premiazione perché non si è investito a sufficienza in pubblicità. Ha ipotizzato che sarebbero stati necessari 10 milioni da parte di investitori nordamericani. Putin ha ottenuto una votazione plebiscitaria a Presidente della Russia grazie al controllo della tv di Stato. La campagna elettorale per il nuovo Presidente degli USA sarà influenzata dalla raccolta fondi dei due avversari Biden e Trump. Anche per il più piccolo nostro paese occorrono risorse per essere eletti a sindaco o consigliere. Man mano che si sale alle consultazioni regionali o nazionali le spese aumentano.

Riflettendo sulla gestione della politica, si appella ai diritti civili, alla parità di genere, alla possibilità offerta a tutti di essere informati, così da scegliere il programma politico ritenuto migliore. Tutti i manuali di diritto pubblico affermano che la democrazia, con la partecipazione di tutti al voto libero e responsabile, è la forma migliore di rispetto di tutti i cittadini quale espressione della volontà popolare. Non è possibile tornare alle vecchie formule dei regni, dei principati, dei liberi comuni. Il problema è serio: sottrarsi alle cosiddette campagne elettorali che insistono – a seconda dei casi – su paure, promesse, orizzonti e mete, non si può. A giustificazione delle promesse mancate addirittura si spiega che i linguaggi preelettorali sono manifestamente esagerati. L’unica strada possibile è un’informazione costante, equilibrata, sufficientemente approfondita per scegliere. Non tutti hanno capacità e possibilità necessarie per la scelta libera. Molti, non necessariamente impreparati, decidono di non votare. Si crea così il paradosso che alcune volte, le maggioranze e le minoranze rappresentano la metà dei votanti: governerà chi avrà raggiunto un quarto dei voti degli aventi diritto.

L’imperfezione dell’attuale assetto della democrazia è evidente. Vinceranno quanti avranno investito risorse (economiche, culturali, comunicative) per tutelare i propri interessi. Gli “altri” non hanno speranze perché non esistono, non avendo la possibilità di rappresentanza. Il circolo vizioso è che occorre già essere potenti, così da restare tali: il voto, che continuerà ad essere chiamato universale e libero, è una mezza menzogna.