La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.45 – PICCOLA GRANDE EUROPA

Le elezioni europee fanno riflettere sulla funzione dell’Unione europea (EU). Fondata con il Trattato di Roma (1957), stabilizzata con il Trattato di Maastricht (1992), attualmente vigente con il Trattato di Lisbona del 2007 è fonte di speranza e di delusioni.

La struttura ondeggia tra Stato Federale e Confederazione di Stati: da qui il doppio atteggiamento di approvazione e distacco, se non di opposizione. I suoi principi generali sono tutti condivisibili: creazione di un’economia di mercato, moneta unica, appelli alla libertà, sicurezza e giustizia. I limiti del suo funzionamento sono l’applicazione delle direttive e delle leggi all’interno del diritto delle singole Nazioni. La regola dell’unanimità sugli impegni importanti di politica interna ed estera è oggettivamente un cappio che costringe continuamente a mediazioni e “scambi”.

La sua esistenza è essenziale per la tutela delle radici della cultura occidentale a fronte delle sfide diventate globali: altri popoli si stanno aggregando in competizione; si pensi alla Russia-Cina, al BRIC, ai paesi asiatici. Le difficoltà di integrazione profonda sono molte. Riguardano tre ambiti: la politica economica, la politica estera, la definizione dei diritti civili. Spesso prevalgono attenzioni ai propri popoli, a discapito dell’uguaglianza delle regole. Basti pensare alle politiche fiscali e alla definizione dei diritti civili. Non esiste una politica estera unanime. Istintivamente sembrano prevalere le diffidenze. Se la globalizzazione rimane e si stabilizza non c’è altra strada da percorrere se non il rafforzamento dell’Unione. Il rischio maggiore è che l’Europa, nel tempo, diventi un piccolo lembo sulla terra, composto da persone anziane, con scarsa forza lavoro. Sarebbe un disastro perché la tendenza sarebbe quella dell’invasione di popolazioni povere e giovani.

I fenomeni dell’immigrazione non sono estemporanei: sono le guerre e la povertà che spingono i più forti a cercare migliori condizioni di vita. Sta avvenendo in America del Nord e nell’America del sud. E’ dagli anni ’90 che i migranti raggiungono le nostre coste. L’integrazione stenta per paura e per oggettive difficoltà. Chi guarderà la storia tra 30-50 anni vedrà un’Europa diversa, come d’altronde è avvenuto nei secoli per altre migrazioni i di popoli. Nella storia non bisogna dimenticare le invasioni dei popoli “barbarici”, come li chiamavano alla fine del Medioevo.