Di alcune malattie rare si inizia a sentir parlare con maggiore insistenza se ad esserne affetti sono personaggi con una certa visibilità. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è certamente una delle patologie il cui nome è più noto, non tanto per la malattia in sé ma per le persone famose che ne sono state affette: l’icona del baseball americano, Lou Gehrig, l’attore Premio Oscar David Niven, poi in anni più recenti anche calciatori come Gianluca Signorini e Stefano Borgonovo, che hanno mostrato pubblicamente la loro lotta contro questa patologia, ancora oggi senza una cura. “Tuttavia, se la SLA è giunta all’attenzione di una platea più ampia mediante le parabole personali di un ristretto gruppo di sportivi o di artisti, non bisogna dimenticare le migliaia di persone in tutta Italia che ne sono affette, le loro famiglie, e le associazioni che si impegnano per supportare la ricerca e l’assistenza. E se dei casi ‘VIP’ molto si è parlato, dei problemi delle persone comuni non si discute mai abbastanza e tanti bisogni rimangono ancora oggi senza risposta. Cosa chiedono queste persone e le loro famiglie? Quali problemi pesano di più nella vita quotidiana? Di cosa avrebbero bisogno i medici e i ricercatori per poterli assistere meglio e per capire di più di questa patologia che lascia irrisolti ancora tanti interrogativi?”. A chiederselo è l’Osservatorio malattie rare (Omar), che ha voluto domandarlo a sua volta ai diretti interessati – ai medici, ai pazienti, ai caregiver, alle associazioni – per mettere in evidenza le reali necessità e fissarle in un documento intitolato SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA) – Manifesto sui bisogni clinici insoddisfatti dei malati e delle loro famiglie.
Il Manifesto è stato presentato oggi in un evento realizzato su iniziativa del Sen. Francesco Silvestro e in collaborazione con Omar, Havas PR, Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la Salute e la Prevenzione e EU ALS Coalition – European Amyotrophic Lateral Sclerosis Coalition presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, a Roma, alla presenza dei rappresentati istituzionali, della comunità scientifica e dei pazienti.
Il documento è statocurato da Omar con il contributo non condizionante di Amylyx e con la collaborazione delle principali realtà Associative che si occupano di questa malattia: Aisla – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica Onlus, Asla – Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica, AssiSLA Onlus, Associazione conSLAncio Onlus, Associazione Post Fata Resurgo ETS, Associazione Viva La Vita, Comitato 16 Novembre Onlus e Fondazione Arisla – Fondazione Italiana di Ricerca per la Sla Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Obiettivo del Manifesto è, dunque, quello di presentare in maniera chiara le necessità dei pazienti e delle loro famiglie, nell’auspicio che le istituzioni incaricate possano efficacemente mettere in atto le azioni in grado di esaudirle, nell’attesa che giungano nuove opportunità terapeutiche in grado di contrastare in maniera radicale la malattia.
“La Sla è infatti una patologia neurodegenerativa a carattere progressivo che interessa i motoneuroni e riduce gradualmente le capacità di muoversi in autonomia, comunicare, alimentarsi e, infine, respirare di quanti ne soffrono – affermano le associazioni firmatarie del manifesto -. Si stima che in Italia le persone affette da Sla siano circa 6.000, nel 60% dei casi uomini. Persone che hanno un’unica diagnosi ma che possono avere forme di malattia molto differenti tra loro, con una aspettativa di vita che può andare da alcuni mesi ad alcuni decenni: generalmente, circa la metà delle persone affette muore entro cinque anni dall’insorgenza dei sintomi ma non sono rari i casi di persone che riescono a convivere molto più a lungo con la Sla. Perché la Sla è una malattia complessa ed eterogenea, della quale oggi si sa di più rispetto a 20 anni fa, ma non ancora abbastanza. Ciò che in tempi diversi però accomuna tutti i pazienti è una riduzione progressiva dell’autonomia e la necessità di una assistenza continua. Non è un caso che nell’analisi dei bisogni questa parola – assistenza – ricorra e acquisisca un rilievo centrale, anche se ovviamente non è l’unico bisogno. Serve anche una capacità maggiore di diagnosi precoce, particolarmente difficile perché mancano ancora dei marcatori di malattia certi, servirebbero terapie davvero efficaci, in grado di fermare la malattia, ma ancora tutto questo manca ed è un grande bisogno insoddisfatto. Ciò che non manca, per fortuna, è la ricerca, che anche di fronti a diversi insuccessi del passato non si è mai arresa”.
“Al momento in Italia l’unico farmaco approvato per la Sla è il riluzolo – ha spiegato Andrea Calvo, professore associato di Neurologia presso il Dipartimento di Neuroscienze ‘Rita Levi Montalcini’ dell’Università di Torino e Neurologo del Centro Regionale Esperto per la SLA dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino –. Alcuni mesi fa la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha concesso il via libera alla commercializzazione di un farmaco basato su una combinazione di acido tauroursodesossicolico e fenilbutirrato di sodio i cui risultati di Fase 2 indicano un effetto di rallentamento della progressione sintomatica della Sla. Precedentemente, la stessa Agenzia regolatoria aveva approvato un altro farmaco efficace nel rallentare l’avanzamento della malattia in un sottogruppo di pazienti affetti da Sla ad insorgenza precoce. Inoltre, per i pazienti con la mutazione nel gene SOD1 sono giunti risultati incoraggianti da un oligonucleotide antisenso (ASO) sviluppato per degradare l’RNA messaggero (mRNA) che favorisce la sintesi della proteina SOD1, riducendone così la concentrazione”.
Numerosi sono gli studi clinici su nuovi potenziali approcci terapeutici – circa 120 in tutto il mondo – alcuni anche basati sulle terapie avanzate, ma non bisogna trascurare la rilevanza di una ricerca di base che punti a scoprire le cause all’origine di questa patologia neurodegenerativa dei motoneuroni. Senza una chiara visione dei percorsi patogenetici è difficile identificare una soluzione terapeutica: di fatto, per la Sla, non solo mancano terapie risolutive ma anche specifici test di laboratorio per individuarla in anticipo.
Nella speranza e nell’attesa di terapie maggiormente efficaci però l’attenzione di tutti è rivolta sull’assistenza e sui percorsi di presa in carico, che impattano sia sulla qualità della vita sia sulla sua durata, perché consentono di mettere in campo tutta una serie di strategie di supporto essenziali per garantire al paziente di preservare fin quando possibile la mobilità, una corretta alimentazione e una respirazione adeguata.
“La domiciliarità è una delle principali chiavi di successo dell’assistenza ai pazienti – ha raccontato il Nicola Ticozzi, direttore della U.O. di Neurologia, Istituto Auxologico Italiano –. Questo termine indica la possibilità di incontrare i pazienti in visite dalla scadenza programmata, nel contesto di un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale ben stabilito. Ciò diventa possibile anche grazie a strumenti come la telemedicina che permettono di avvicinare i pazienti ai medici. Senza mai negare la necessità del ricovero presso una struttura ospedaliera, va tenuto presente che la casa è il luogo dove gran parte dei pazienti vivono la loro malattia ed è un dovere fare in modo che essi ricevano la miglior assistenza proprio a domicilio, senza per questo mai sentirsi isolati o abbandonati”.
Attualmente, però, il sostegno alla domiciliarità rimane scarso e la situazione in Italia non è uniforme. Alla fine il maggiore peso dell’assistenza ricade sulle famiglie, e si tratta di una assistenza ad alta intensità ed alta complessità: nella fase avanzata della malattia la persona con Sla non può essere mai lasciata sola, ci sono molti parametri da monitorare, esigenze da saper cogliere e interventi da fare per supportare alimentazione, respirazione e mancanza della possibilità di muoversi e di comunicare verbalmente.
La vita della persona con Sla è soprattutto nelle mani di chi lo assiste, una grande responsabilità e un impegno enorme, che da una parte andrebbero ridotti e dall’altra facilitati, con un sistema capace di prendersi cura del paziente e di tutta la famiglia non solo sotto l’aspetto sanitario ma anche psicologico, economico, burocratico e organizzativo.
“Innumerevoli sono gli aspetti da prendere in considerazione quando si parla di SLA – hanno affermato congiuntamente Aisla, Asla, Assisla, Associazione conSLAncio, Associazione Post Fata Resurgo, Associazione Viva La Vita, Comitato 16 Novembre e Fondazione AriSLA –. Per una malattia come questa è importante agire su due fronti contemporaneamente: quello di promuovere e finanziare la ricerca scientifica, finalizzata ad individuare le cause e i meccanismi biologici, così da giungere all’individuazione di una terapia efficace. E quello dell’assistenza. La Sla rappresenta una vera e propria sfida per l’organizzazione socio-sanitaria e socio-assistenziale, sia per il carico di sofferenza fisica e psichica che la persona con Sla e i suoi familiari devono sostenere, sia per la complessità degli interventi necessari, che richiedono lo sviluppo di un percorso di cura e di assistenza personalizzato che li accompagni lungo tutta la traiettoria della malattia, e che rispetti sempre la centralità e l’unicità della persona nei diversi setting di cura”.
Una richiesta che si unisce a quelle di ottimizzare le modalità di comunicazione tra medici e pazienti, incentivare la nascita di servizi di consulenza psicologica per i pazienti e i loro familiari e, soprattutto, di abbattere le barriere burocratiche con cui le persone con SLA e i loro caregiver fanno i conti ogni giorno, a partire da quelle che si presentano nel momento della richiesta di invalidità.
“La richiesta pervenuta dai medici e dalle associazioni dei pazienti, per lo snellimento delle procedure e lo smaltimento degli arretrati per il riconoscimento dell’invalidità e l’assegnazione degli ausili a domicilio, è comprensibile e certamente condivisibile – ha dichiarato l’On. Annarita Patriarca, promotrice dell’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer –. Si tratta, tuttavia, di un tema complesso che investe la diversa declinazione territoriale del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Siamo impegnati, come Governo e Parlamento, su interventi di razionalizzazione e riorganizzazione dei percorsi sanitari e autorizzativi al fine di garantire ai pazienti e alle loro famiglie il sostegno e l’assistenza di cui necessitano senza però dimenticare che il nostro SSN, nella sua architettura generale e nella sua filosofia di fondo, pur con tutte le difficoltà di cui soffre, resta uno dei grandi pilastri del nostro tessuto sociale”.
Le 9 richieste della Comunità Sla contenute nel documento
Queste le nove richieste delle associazioni, contenute nel documento SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA) – Manifesto sui bisogni clinici insoddisfatti dei malati e delle loro famiglie.
Innanzitutto, promuovere la ricerca scientifica per identificare nuovi strumenti di diagnosi e di terapia. Inoltre, promuovere un approccio multidisciplinare alla malattia, realizzando un modello di PDTA e incentivando la realizzazione di modelli “Hub & Spoke” per applicarlo nelle varie Regioni. Ed ancora: potenziare gli strumenti per l’assistenza sanitaria a domicilio, guardando ai bisogni del paziente e della famiglia a 360 gradi; creare interazione tra realtà pubbliche e private RSA o NAC (Nuclei ad Alta Complessità), mettendo al centro i malati; migliorare la qualità dell’informazione e potenziare le modalità di comunicazione con i malati e le famiglie; supportare e incentivare un servizio di consulenza psicologica per i malati e i loro famigliari.
Infine, eliminare gli sprechi e ridurre i ritardi nella fornitura degli ausili; revisionare le pratiche di rilascio dell’invalidità sveltendo le procedure burocratiche e rendendole più efficienti; aumentare gli aiuti economici per i malati e i famigliari che li assistono anche attivando il fondo previsto dalla Legge “Testo Unico Malattie Rare”.
Fonte: Redattore Sociale