La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.38 – VERITÀ GIUDIZIARIA

Capita spesso che, di fronte a episodi particolarmente crudeli, si apra nell’opinione pubblica, una specie di gara tra innocentisti e colpevolisti. I mezzi di comunicazione raccontano come si sono svolti i fatti, in realtà non hanno tempi e strumenti per leggere in profondità le vicende nelle vicende del caso. Non resta che attendere che cosa decideranno i giudici.

Si pone così una verità giudiziaria e una verità vera: né sempre le due verità confluiscono. E’ assurdo, ma così è. Il principio cardine dell’amministrazione della giustizia, nell’età moderna è la legge. Tale principio fu imposto dalla Rivoluzione francese per tutelare i cittadini dai soprusi dei potenti di allora. La giustizia umana poggia su fatti “dimostrabili”; i termini tecnici: fatti, episodi, circostanze che debbono essere esibiti da accusa e difesa. Da qui i lavori delle procure e dei difensori, pronti a fornire ogni prova. Ma in momenti culminanti di un processo lo spazio di incertezza e di dubbi può diventare determinate.

Il giudice è costretto, sempre secondo le regole della legge, a interpretare le zone grigie del processo. Da qui la contraddizione del principio che la giustizia poggia sulla legge. Quando può o quando è possibile. Un esempio classico è decidere la patria potestà di un genitore di un bimbo in una famiglia problematica. Il giudice affida la perizia al Comune competente, il quale sceglie un professionista affidabile. Il Giudice si atterrà a quel giudizio. Nessuno però garantisce che quella perizia sia corretta. Si potrà presentare una perizia di parte, ma il valore di quest’ultima non è equiparabile a quella ufficiale. Il limite del principio dell’organizzazione giudiziaria è affidarsi alla legge, dimenticando che saranno comunque le persone a decidere.

E’ difficile trovare una via intermedia che riesca ad andare in profondità: rimane il limite della prova dimostrabile. Si può dunque affermare che l’innocenza o la colpevolezza, non sempre corrispondono alla realtà. Può dunque succedere che esistano innocenti colpevoli o, al contrario colpevoli, dichiarati innocenti. Il tutto alimentato dalla mancanza di etica, personale o collettiva, che non riesce a scalfire “le apparenze”.