Giornata salute mentale, don Albanesi: “l’attenzione vada ai giovanissimi”

Quest’anno la Giornata mondiale ha posto l’attenzione in Italia sulla salute mentale di comunità, con lo spot “Si cura”. L’attenzione ha l’urgenza di rivolgersi a quelle situazioni che viaggiano tra la prevenzione e l’intervento precoce. L’esperienza dice che la “cronicità mentale”, con interventi troppo spesso tardivi, ha un percorso che parte dall’adolescenza e dai giovani adulti per arrivare alla “carriera psichiatrica”.

I fenomeni recenti, esplosi in età sempre più giovane, di trasgressioni che procurano violenza, devastazioni, accompagnate da abusi di alcol e di sostanze, creano disastri gratuiti, procurano allarme sociale, senza risposte adeguate. Purtroppo, oltre ad appellare a misure di sicurezza e di prevenzione delle forze dell’ordine non si è andati.

L’esperienza dice che l’età adolescenziale, essendo un periodo di crescita, mescola voglia di identità, richiesta aggregativa, trasgressività, fenomeni non facili da leggere, da interpretare e soprattutto da aiutare. La distinzione delle scienze, tra psichiatria, psicologia, pedagogia, sociologia non aiuta di fatto ad esaminare e soprattutto a intervenire in situazioni che appaiono nebulose, complicate e, alla fin fine, incomprensibili. Le stesse relazioni scientifiche non hanno ancora trovato una sintesi che affronti il problema della problematicità adolescenziale oggettivamente complessa. Le prime vittime sono i ragazzi e ragazze che, di fronte a disagi forti e invadenti, non sanno dare ragione dei loro comportamenti. La famiglia assiste impotente a manifestazioni che non avevano nemmeno immaginate. La scuola reagisce con indifferenza e, nei casi seri, con l’espulsione dei più “irrequieti”.

Le risposte tecniche stentano a trovare sintesi che, situazione per situazione, riesca a definire se si tratti di innesti psichiatrici, di disagi tra pari, di false immagini di sé, di difficoltà familiare o di integrazione territoriale. Una piccola parte è ancora più complessa perché si esprime con l’isolamento più totale chiudendo ogni relazione con l’ambiente, accontentandosi delle relazioni virtuali tramite la rete. La conseguenza è l’assenza di spazi adeguati a capire e intervenire, soprattutto nei fine settimana, di fronte all’esplosione di fenomeni abnormi di irrequietezza e di gesti asociali e lesivi.

I messaggi che questi fenomeni danno è di inventare momenti di tranquillità gestita (ambulatori, centri diurni semiresidenziali e residenziali) per studiare prima e aiutare poi a sciogliere i nodi che quel ragazzi o ragazze hanno manifestato. Si tratta di interventi molto delicati perché, alla fin fine, si è chiamati a indicare una strada futura, accompagnando all’uscita dell’età della crescita per diventare adulti liberi e responsabili.

La famiglia, la scuola, le agenzie educative sono indispensabili come supporto alla vita reale dei giovanissimi, ma hanno bisogno di essere incoraggiate e guidate. La trasgressività e l’arroganza dei minori sono grida di aiuto in condizioni di sofferenza che i giovanissimi, non sapendo da che parte andare, mettono in campo. Se i neonati, per esprimere i loro disagi (fame, sete, sonno, pulizia) hanno solo il pianto e spetta ai genitori interpretare quell’unico segnale, in modo simile, ma anche molto più complesso, alcuni minori, con gesti insensati, invocano presenza e aiuto.

Le competenze per dar risposte adeguate sono molto delicate; sicuramente non affrettate e trancianti. Hanno bisogno di tempi e luoghi adeguati per compiere l’opera terapeutica utile. Tutto sommato si tratta di inventare nuove risorse, dirigendo l’azione verso soggetti fragili, giovani e in ricerca di futuro.