Vent’anni al fianco delle fragilità, Mondo Minore si racconta e progetta nuove sfide

Un momento del convegno per i 20 anni di Mondo Minore

Educazione, mondo adolescenziale, supporto scolastico. Ma anche affido, tutela delle fragilità e rete di servizi territoriali. Sono alcuni dei punti toccati nella mattinata di confronto sul tema dei minori, promossa dalla Comunità di Capodarco di Fermo in occasione dei venti anni di attività dell’Associazione Mondo Minore. Da un lato si è voluto raccontare quale è la situazione attuale del panorama minori, dall’altro come il mondo operativo, quello delle comunità, si sia trasformato e ridisegnato. Storia(e storie) di cambiamenti, di successi ma anche di fallimenti, dalle quali partire per creare spazi di riflessione sul tema dei bisogni dei più piccoli e di ciò ruota attorno a loro. L’incontro di stamattina ha rappresentato inoltre un’occasione per far dialogare diversi mondi, da quello accademico a quello dei servizi e degli attori coinvolti nell’affascinante e delicato mondo dell’educare.

Dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, del Garante regionale dell’infanzia e adolescenza Giancarlo Giulianelli e del Coordinatore dell’Ambito Sociale XIX, Alessandro Ranieri, ha preso la parola il Presidente della Comunità di Capodarco Vinicio Albanesi che ha ricordato il lungo percorso dell’Associazione per “strutturare e trasformare gli interventi sulla base dei cambiamenti che il mondo dei minori ha avuto nel tempo”, fragilità che che “richiedono sempre nuove risposte e progetti adeguati ai nuovi bisogni emergenti”.

Come detto, l’incontro ha fatto luce anche sul vasto universo dei giovani grazie agli interventi di docenti e giornalisti di settore. Dei cambiamenti sociali negli adolescenti ha parlato Alessandra Fermani, professoressa dell’Università di Macerata che ha citato Bertold Brecht, “tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono”, per sottolineare il bisogno di dare continuità al percorso di accompagnamento degli adolescenti, senza fermarsi alla diagnosi del loro disagio ma elaborando una strategia.

Ilaria Venturi, giornalista de “La Repubblica” ha poi parlato del fenomeno Dad, entrato da due anni prepotentemente nelle vite di migliaia di studenti italiani, evidenziandone dati alla mano pregi e criticità. Angelo Mari, docente della LUMSA, ha invece fornito una panoramica sulla rete dell’affido in Italia spiegando come ci sia oggi “molta attenzione da parte delle istituzioni sulla revisione di questo settore, sia dal nuovo Pnrr sia dall’Ordine degli Assistenti sociali per cercare di migliorare approcci e fornire sussidi per famiglie e minori”

Infine la voce dei ‘Mondi minori’ che sul territorio accolgono, progettano ed elaborano spazi di autonomia per minori e mamme in situazioni di fragilità. Caterina Colarizi è la psicologa e psicoterapeuta dell’Associazione: “Quella di Mondo Minore è anche una storia di fallimenti, ci hanno fatto capire che dovevamo impegnarci pedagogicamente e culturalmente per costruire ponti per persone con bisogni così complessi”- ha spiegato. “Il percorso è iniziato con l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati, una sfida impegnativa dovuta a un gap culturale a cui all’epoca nessuno era preparato, passando poi a quella di mamme con bambini e bambini soli, adolescenti con storie difficili. Nel mio primo giorno da tirocinante trovai una ragazza con le valigie sulla porta della struttura che voleva andare via, un’altra volta c’era un bambino che era entrato in comunità senza sua madre, lui la chiamò al telefono dicendole che qui si stava bene e convincendola a seguirlo. Ieri è arrivato un messaggio di una nostra mamma che stava fuori dalla comunità che diceva ‘sto tornando a casa, che non è la mia ma è come se lo fosse’. Sono tutti piccoli step che ci danno forza”.

Le attività di prossimità si sono via via ridisegnate in stretta relazione col territorio: “prima la comunità si concepiva come l’ultima spiaggia di un percorso-ha proseguito Caterina Colarizi. Questa cosa ci faceva sentire come abbandonati, ma se i servizi non ci ascoltano abbastanza perchè non iniziamo a bussare a delle porte? Così i progetti hanno preso un’altra piega, penso al confronto coi servizi, col Tribunale. Abbiamo iniziato a costruire strade e ponti con tutti e molto c’è ancora da fare. Per superare la concezione di Comunità intesa come una bolla, si è costruita una rete più forte accanto alle nostre mamme e bambini per favorire un reinserimento nella società. Non solo con l’equipe ma con le stesse mamme accolte, nostro compito è accompagnarle dove loro vogliono andare e non dove noi vorremmo andassero. Diamo loro modo di sperimentare anche il fallimento, per questo sono stati ideati gli appartamenti di sgancio, tenendo presente che quest’ultimo fa parte del percorso comunitario insieme all’accoglienza. Spesso ci chiediamo se stiamo facendo abbastanza per le autonomie, forse occorre far sperimentare l’essere madri coi propri bambini sapendo che, nella difficoltà, possono bussare alla porta della comunità e trovare sostegno”.

Alessandro Vella, coordinatore della Rete delle famiglie affidatarie: “Rappresento il nucleo più antico del Mondo Minore, sento una responsabilità importante anche perchè qui sono presenti famiglie che sono state le protagoniste di questa realtà. Parte tutto da loro, che hanno fatto la scelta dal basso di essere famiglie aperte ed accoglienti. Sentivano l’urgenza di condividere buone prassi in un sistema con ancora poche normative e incompleto, per cui fare affido e cominciare a portarsi dentro casa situazioni difficili era una sfida al buio”.

Una sfida che oggi può essere letta con occhi diversi e consente di fare un bilancio anche con l’aiuto dei numeri: “Negli ultimi 3 anni alla Rete hanno aderito 27 nuove famiglie, solo 6 hanno cominciato a fare affido e sono rimaste all’interno del percorso di formazione e condivisione. 12 sono stati i percorsi di affido familiare, con 2 uscite nell’ultimo anno entrambe di ragazzi adolescenti. Nonostante le difficoltà legate alla pandemia abbiamo avuto 2 collocamenti di adolescenti in famiglia, più in generale nell’ultimo biennio di rilevamento si è visto un aumento dei minori fuori dalla rete ma anche una diminuzione di adesioni. Questo probabilmente perchè le comunità sono pronte all’uso, le famiglie ancora no”.

Infine il figlio più piccolo di questa grande famiglia, il “The Tube” centro di educativa territoriale di Piazza Sagrini nato due anni fa per intercettare i bisogni dei minori(11-17 anni) sul territorio e dare supporto specifico per prevenire i fenomeni di povertà educativa e dispersione scolastica. A raccontarlo è la coordinatrice Chiara Attorre: “Non si può pensare ad una risposta educativa assoluta, è un vestito tagliato su misura per ogni ragazzo con le sue specificità. Il The Tube pur essendo l’ultimo arrivato è chiamato a dare risposte urgenti e sempre maggiori spazi per i ragazzi. In questi due anni siamo entrati nelle loro stanze e nei loro mondi, la pandemia ci ha chiesto anche di trasformarci stando con loro e accompagnando le famiglie. Attraverso laboratori vari, dalle lego al cucito, abbiamo fornito ai genitori degli strumenti per stare meglio con i propri figli. Ci siamo fatti portatori di un pensiero nuovo che vede momenti di dialogo con le istituzioni ma soprattutto coi ragazzi, vanno ascoltati perchè nell’assemblea dei giovani c’è tanto da imparare”.(marco donzelli)