“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.5 – LA CURA

Il progresso raggiunto nel nostro mondo ha posto l’attenzione alla cura del corpo e degli ambienti, in maniera quasi ossessiva. Una cura estetica per tutti i dettagli nell’età della vita. Pomate, massaggi, ginnastica, diete, profumi, medicine: attenzioni ossessive. Comunque, esagerate. La cura si è spostata nelle case e negli ambienti: tonnellate di detergenti per piatti, stoviglie, pavimenti, finestre. Il risvolto è l’accumulo di materiali non sempre riciclabili, con la plastica a farla da padrone. Il problema serio è la cura a fronte di malattie “importanti”, come le chiamano i medici. Sicuramente l’attenzione ha allungato la vita, anche se gli ultimi anni rischiano di diventare passione, invece che speranza.

Le cure sono legate all’economia: se un qualche riferimento esiste nel costo delle medicine, dato il controllo statale, nell’opzionale i prezzi sono legati alla libera vendita. Ondate infinite di pubblicità suggeriscono ogni rimedio: per umani, per cani, per gatti, per pesci, compresi gli spazzolini per i denti e gli alimenti per animali giovani o piccoli. Le stesse analisi di laboratorio, che si interessano delle malattie delle persone, sono spostate alla cura degli animali domestici, compresi gli psicologi. Tutto ciò nel mondo dei paesi benestanti. Nel resto del mondo si continua a morire per polmonite, differite o semplicemente per denutrizione (fame).

C’è un mondo trascurato, anche nelle nostre latitudini: quando gli interventi della medicina non hanno più nulla da dire. Chi ne fa le spese sono le persone che hanno malattie dall’esito infausto, degenerative, croniche (con parola dura ma esplicita) oppure semplicemente anziane. Per loro stanno risorgendo, per l’economia di scala, gli istituti: grandi complessi, con personale risicato, orari predisposti, luoghi e cibi standardizzati.

Vengono in mente gli agglomerati medioevali o semplicemente quelli dell’Ottocento: larghi stanzoni con poco più di un po’ di cibo. Avevano inventato ospedali dove si guariva e ospedali dove si moriva. Siamo tornati a quello schema, cambiando nomi e migliorando qualcosa. La sostanza rimane la stessa. Ne fanno le spese chi non ha speranza di guarigione, primi fra tutti gli anziani.

Le residenze protette, le cure intermedie, i centri per anziani accolgono migliaia di persone che possono sperare in un dignitoso trattamento: breve, ritmato, predisposto seguendo esigenze e orari degli operatori. I sogni, le speranze, la vita vissuta diventano nel tempo solo ricordi, per arrivare allo stato soporoso per perdersi nelle nebbie della depressioni. Si allontana il senso della vita e spesso, di fronte a una vita insignificante, si desidera la morte. Tutto ciò non desta scandalo, perché gli attivi giovani, aggressivi, benestanti pensano a se stessi, immaginando di essere immortali e di rimanere al top delle energie.

La realtà dice che la nostra popolazione sta invecchiando: il rischio verosimile è che il sistema sociosanitario salti; la risposta sarà che chi ha risorse potrà curarsi, tutti gli altri moriranno senza cure. La speranza è sulla saggezza dell’età della vita: giovane e vecchia, sana e malata, ricca e povera, istruita e ignorante. La vita può rimanere vivibile, se l’intelligenza umana saprà gestire il filo dell’esistenza, senza esagerare, prevedendo il futuro senza disprezzare nessuno.

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SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi