Lo incontro perché va a lavorare in campagna. Prende il pullman per spostarsi dalla comunità dove è accolto e ogni mattina si reca al lavoro. Prende la corsa delle 8 in andata e delle 11,30 per il ritorno. Quando lo incrocio ti guarda fisso con occhi teneri che ti commuove. Ha quasi cinquant’anni. L’abbiamo accolto dopo dieci anni di manicomio criminale: in raptus di psicosi paranoica ha ucciso la madre.
Ora se ne sta tranquillo, anche perché segue la terapia regolarmente. Ti impressiona perché è disarmante. I suoi non vanno a trovarlo ed egli è cosciente del grave lutto di cui è stato autore. Ha un profondo senso di colpa. Vuole essere protetto, rifiutando ogni occasione per essere più libero e inserito nel mondo della normalità.
Penso spesso a fatti gravi che molti hanno nel curriculum della loro vita. Mi fermo a considerare che cosa succede in una mente che va a sbalzi: dalla normalità al non controllo. Nei comportamenti irregolari, c’è una logica. Occorre seguirla anche se non ha senso. Nasce da sensazioni, emozioni, ricordi che non sono metabolizzati. Come se particelle del cervello lasciate libere non fanno sintesi.
Da un punto di vista medico hanno diagnosticato e catalogato i disturbi. Non è che ti consolano. Non conosci da dove provengono, che cosa li mantiene e perché durano nel tempo, anche per tutta la vita.
L’unica strada è l’accompagno. I deliri, le paranoie, gli incubi difficilmente colgono tutti i momenti della giornata. Devi essere pronto a comprendere quando è il tempo della normalità e quando dell’irrazionalità. Con un’aggravante che si confondono sentimenti, reazioni, paure, sogni ed esigenze, in un groviglio dove i confini tra salute e malattia sono incerti e contradittori.
Però sono persone, con tutto il peso della loro dignità. Questo principio ti aiuta a rispettarli, ad avere relazioni attente ai loro bisogni e alla loro felicità. C’è una variante che li accomunano: esprimono affettività e desiderio di relazioni amicali, oltre ogni disturbo. Nel profondo hanno coscienza della propria fragilità.
Nelle famiglie d’origine e nelle relazioni dei mondi vissuti sono stati segnati con marchi indelebili: i titoli di “strano, particolare, difficile, pazzo” hanno fatto vivere dolore, angosce, paure, perché loro stessi non erano in grado di comprendere e gestire i loro comportamenti effettivamente “diversi”. Insegnano che le emozioni della vita hanno un grande valore. Non esiste separazione tra intelligenza ed emozioni: si intrecciano. Quasi sempre il controllo permette di regolare impulsi improvvisi, sia benevoli che malevoli. Un grande privilegio che racconta la normalità della pazzia, anche se ridotta a condizioni estese e violente.
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SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi