“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.13 – VAX, VOX

Sono diventate di moda recentemente due sigle che prima degli ultimi anni significavano ben altro. Vax si adoperava per un linguaggio del pc. Negli anni ’80 ha preso una ben altra direzione. La prima discussione avvenne quando fu obbligatoria la vaccinazione per i piccoli. Già da allora una buona metà delle mamme di dichiarò contraria. Una lunga discussione che si concluse con l’obbligo, pena la non iscrizione alla scuola. Il termine vax è tornato alla ribalta con l’epidemia del Covid. Settimane intere a leggere e ad ascoltare l’andamento delle infezioni, con catene di morti, soprattutto anziane. Ci furono coloro che con imbrogli, oggi sotto processo, si fece sottoscrivere la vaccinazione, senza averla fatta.

Per la verità i più grandi hanno ancora la cicatrice al braccio per la vaccinazione antivaiolo, eseguita, senza tante storie, negli anni 50. La curiosità è nel conoscere le ragioni dei tanti rifiuti. Non sono state date grandi spiegazioni, ma semplici impulsi a rifiutare qualcosa di estraneo, che avrebbe potuto far del male. I ragionamenti, le riflessioni non sono valse a nulla: un rigetto istintivo e perdurante, sentito come grave violazione della sacralità del proprio corpo. Forse è l’approccio alla medicina, dimenticando che è una scienza non sempre esatta. Eppure, grazie alle ricerche, molte malattie, ieri mortali, oggi salvano persone.

Vax può essere aggregato a vox: tutt’altra storia, per il partito fondato recentemente in Spagna, che va alla grande. In questo caso si registra un’avversione a tutto quanto è estraneo alla propria gente e al proprio territorio. Come se il mondo non esistesse, ma si volesse mantenere un’identità di razza, di lingua, di costumi, di leggi. Eppure, viviamo in un mondo globalizzato: nessun territorio oggi è autonomo. Per mangiare pomodori a Natale e fragole a Gennaio, occorre importarle. Nonostante questo, per i simpatizzanti vox, ogni piccolo spazio di terra dovrebbe costruire orologi, aeroplani, trattori e quanto necessario per vivere, compreso il riso e l’insalata, le stoffe e i sandali. Forse è un mondo impaurito o – ipotesi cattiva – furbo. Prendere dagli altri ciò che serve e chiusura a quanto e a quanti vogliono entrare. Un bel mondo: per essere consequenziali si dovrebbe costruire un immenso muro, per rimanere intatti. La riposta potrebbe essere: bene, rimanete nelle vostre mura, ma senza uscirne.

Coltivate, zappate, costruite, fate figli tra voi. Tra una cinquantina d’anni ci rivediamo: un pezzo di umanità da buttare per invecchiamento e per pandemie. L’umanità è un genere reciproco e vicendevole, aperto alla storia e al mondo: costruirlo è difficile, ma non c’è altra strada per garantire progresso e civiltà.

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SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi