La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.49 – MONODIALOGHI

La parola “monodialoghi” non esiste nella nostra lingua: eppure è ampiamente utilizzata nella vita reale. Consiste nell’apparente volontà di scambio con qualcuno che ti ascolti; in realtà la risposta non è nemmeno richiesta; importante affermare le proprie convinzioni, con autorevolezza e senza obiezioni. Anche nelle relazioni personali lo scambio stenta; in famiglia, a scuola, nella vita sociale, addirittura nella ricerca, nell’arte, nella scienza.

La rete ha esasperato il monodialogo; chiunque può dire la sua per ogni argomento: dall’agricoltura, al clima, dalla religione alla politica, dallo sport alla medicina. Il tutto concepito come diritto della propria dignità e identità. La domanda è il perché dell’affermarsi di simile comportamento. Il primo elemento è la solitudine: scomparsa la civiltà rurale, nella quale il dialogo permetteva di superare l’ignoranza, l’ampiezza delle notizie che coinvolge l’intero mondo offre la sensazione del “sapere”. Puoi addentrarti nei giudizi, nelle opinioni, nelle scelte con il tuo bagaglio. E’ il tuo io che garantisce la verità. La conclusione è semplice: diventi insegnante, medico, imprenditore, prete, agricoltore, sindacalista, pacifista, giornalista, senza esserlo. Sei tutto, così pensi. Il secondo elemento è l’arroganza. Non ti sfiora il dubbio delle limitate conoscenze e delle pretese infondate. Appartenendo a un popolo benestante – anche se non lo sei – hai il diritto di sentirti superiore. Verso lo Stato, la Chiesa, le regole, i popoli, le famiglie, le persone: distinguendo, giudicando, pontificando, condannando, assolvendo.

Dimentichi il tuo orologio biologico, la pochezza delle conoscenze sovrastata dai misteri. Non ti è di lezione nemmeno la storia: desideri la gloria, la visibilità, dimenticando che tutto passa. Non saranno conservate nemmeno le ossa, perché, per risparmiare, ti ridurranno a qualche etto di cenere da mettere in un vasetto. Eppure sei chiamato a spendere la tua vita con intelligenza e volontà, a prescindere dalle condizioni di vita nelle quali sei vissuto. Basterebbe pensare: quale bene ho lasciato? Ti concentreresti su altro. Impareresti almeno a stare in ascolto per un po’ di bene da lasciare in eredità.