La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.35 – BILANCIO 2024

Dopo un iter al cardiopalma (si fa per dire), la legge di bilancio dello Stato è stata approvata dal nostro Parlamento il 30 Dicembre scorso. Sono in pochi ad averla letta; ancora meno quelli che l‘hanno capita. Occorre affidarsi ai riassunti che lo stesso governo, i giornali, la tv hanno sintetizzato. 28 miliardi la spesa impegnata; la sintesi governativa: “I principali interventi previsti nell’ambito della manovra sono diretti in gran parte al sostegno dei redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti, ad interventi in favore delle famiglie numerose e alla natalità, al rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, al rifinanziamento della spesa sanitaria e al potenziamento degli investimenti pubblici e privati”.

Se poi vai a leggere le cifre di aiuto, ti trovi uno spezzatino di carne, con patate. Ti accontenti di piccoli ritagli, con una serie di condizioni che nessuno sa quanti ne godranno. E’ il clima che serpeggia in Italia. Preparare il pranzo e la cena arrangiandosi. Le risorse sono poche. Nessun progetto all’orizzonte. D’altronde con un debito pubblico stimato a dicembre 2023, tra 2.832 e 2.852 miliardi e a Giugno 2024 tra 2.905 e 2.961 sempre di miliardi, c’è poco da giostrare.

Un dubbio atroce attanaglia per capire da dove nasce e come si alimenta questo troppo grande debito. Una voce che nessuno commenta, letta tra le righe degli esperti, darebbe la responsabilità alla poca produzione di ricchezza del nostro paese. Le persone hanno poca occasione di lavorare e soprattutto il loro lavoro non compensa gli impegni di vita che sono diventati onerosi.

C’è anche una seconda ragione: la nostra produzione è orientata a “merce” volatile: il turismo, i beni di consumo, la moda. Tutte produzioni che, alla prima crisi mondiale, subiscono tagli. Per ovviare alla mancanza di risorse, i beni di servizio sono aumentati a dismisura. Burocrazie, consulenze, competenze, spesso sovrabbondanti e inutili. Si è parlato molto di digitalizzazione: essa è lenta, invece che snellire è rimasta la vecchia prassi del cartaceo, più la rete, con il risultato di duplicare la fatica e la spesa.

Nel frattempo, le migliori produzioni stanno cadendo, una alla volta, a mani straniere. Sono temi complessi e non alla nostra portata. Probabilmente nemmeno chi governa, imbrigliato tra le mille richieste, è in grado di suggerire qualcosa. Almeno si facessero aiutare da chi ne è capace. Un tempo erano in voga i “libri bianchi”: ipotesi di sviluppo e di futuro. Ora dobbiamo accontentarci di gossip a basso valore, magra consolazione.