“Gioia piena, dolcezza senza fine”, la riflessione di Vinicio Albanesi nello spirito di Comunità

Si avvicina il Natale, una festività caratterizzata ancora una volta dalla pandemia covid che fatto emergere la necessità di salvaguardare noi stessi e gli altri, in particolare i nostri cari. Proprio dal delicato periodo che viviamo si apre “Gioia piena, dolcezza senza fine”, breve volume di 14 pagine di Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, che vuole proporre la sua personale riflessione scritta “nello spirito di Comunità, in un clima diverso, ma non per questo peggiore di quando è nata”. Spunti che toccano diversi aspetti della vita comunitaria, dalla persona ai progetti, fino agli orientamenti e le difficoltà che una realtà così ampia riscontra quotidianamente lungo il suo percorso. “Nonostante la pandemia di oggi, la vita continua e la ripresa è speranza per tutti – si legge nel volume pubblicato in occasione delle festività natalizie. In comunità la vita non è stata diversa da quella delle singole famiglie: ha avuto il vantaggio delle presenze, delle relazioni, del calore umano, condizioni utili per sopportare i rischi”.

Vinicio Albanesi parte proprio da quei principi che nel Natale di 55 anni fa portarono alla nascita del modello Capodarco, “principi che si sono rafforzati-scrive- e si possono riassumere in cinque parole: persona, comunità, progetti, competenze, orientamenti“. Cinque concetti chiave che compongono i capitoli della breve riflessione del presidente della Comunità di Capodarco. “La persona è l’altro che incontri: simile a te ma anche diverso. Mettersi in sintonia significa ascolto, scambio, ma anche sostegno e aiuto. La Comunità di Capodarco è nata per dare senso alla vita di persone che, a causa della disabilità, erano considerate diverse, senza futuro, ristrette in casa o in ambiti falsamente terapeutici. Il terreno fertile è rimasto, sono caduti molti tabù. Ragazzi soli o difficili, ragazze madri o maltrattate, sofferenti psichiatrici, giovani dipendenti, immigrati e carcerati non rappresentavano categorie alle quali attribuire uno ‘stigma’ ma persone con le quali trascorrere un pezzo di strada perchè ritrovassero libertà”.

Vinicio Albanesi parla anche di progetti, “spesso si tratta di novità, di percorsi incerti, anche di sconfitte, con il vantaggio di aprire nuove strade di aiuto”, di competenze fondamentali come l’unione tra ‘scienza e virtù’: “una sintesi che appare difficile ma è indispensabile, occorre sposare la causa e non il lavoro”, e infine della necessità di costruire un rispetto-dialogo tra le parti, “perchè chi chiede aiuto non ha il dovere di adeguarsi ai pensieri di chi lo presta. Nemmeno in nome di alti ideali”.

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