“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.51 – CREDI IN TE STESSO

Lo slogan di credere in se stessi è diventato ossessivo: nella pubblicità, nei libri, nelle relazioni, nell’ambito familiare e sociale, nelle sessioni terapeutiche. E’ utile perché risponde alla solitudine che la vita odierna impone. E’ terminato per sempre il clima collettivo che le famiglie patriarcali, la scuola, le parrocchie, i gruppi, le associazioni di paese o di quartiere garantivano. Il controllo sociale era funzionale agli equilibri della vita.

Oggi l’invito a credere in sé stessi incrementa la responsabilità: le convinzioni, le scelte sono frutto di considerazioni e di convinzioni personali. E’ esasperata la centralità della persona. Le autorità esterne possono dettare letture e orientamenti per ogni settore della vita: politica, economia, sport, educazione, arte, tempo libero. L’io è unico criterio di sintesi. Questa soggettività presuppone conoscenza, criticità, giudizio, sintesi. Insomma, persone mature e responsabili.

Il problema è grave per chi suggerisce gli elementi per formare il giudizio. Una lettura onesta dice che le notizie e le conoscenze sono in mano a pochi: disinteressati, ma anche supportati da interessi economici e niente affatto altruistici. Si crea così un assurdo corto circuito: l’illusione di essere padroni di se stessi, senza gestire le fonti di orientamento. Molti pensieri unici avvolgono i gangli delle responsabilità: vita-morte; scienza-etica; patria-mondo; diritti-doveri; tutela-libertà; identità-accoglienza. Ognuno e tutti esprimono verità. In realtà sono frutto di “altri” che dicono ciò che è giusto/ingiusto, moderno/antico; progressista/retrogrado.

In realtà la solitudine degli io dimostra decadenza. Una civiltà che, nel progresso senza controllo, ha prodotto stordimento e frammentazione. I valori antichi sono saltati, senza aggiungerne di nuovi. Un andare incontro al futuro, senza meta. Altre culture sopravverranno: la sintesi è nell’integrazione di vecchie e nuove civiltà, come è avvenuto nella storia. Come la transumanza: il bestiame si sposta, per sopravvivere, dalla pianura alla montagna e viceversa, secondo le stagioni. Non si ha coscienza della trasformazione. Eppure i dati oggettivi del ghiaccio demografico e dell’invecchiamento della popolazione dicono che altri popoli verranno. Solo l’integrazione culturale, economica, valoriale, attuata già dall’oggi, impedirà l’invasione.