“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N. 22 – AFRICA

Il primo approccio alla gente d’Africa risale a un racconto della mamma, io piccolo, che vide attraversare le strada del paese da un gruppo di soldati americani, subito dopo la guerra, tra i quali c’era un soldato nero: non seppe dirmi se era africano o indiano; disse che era nero e che le altre donne le avevano raccomandato di stare lontano, perché quei soggetti erano cattivi. Da grandicello ricordo le immagini delle riviste missionarie che mostravano bambini neri, con gli occhi grandi e la pancia gonfia: scrivevano che potevano morire di malattie che in Europa si potevano curare facilmente: bronchiti, dissenteria, malnutrizione, cecità.

Oggi sbarcano in Italia molti ragazzi non accompagnati; le recenti leggi dicono che chi si dichiara minore e non lo è, può essere espulso. Non sono solo neri; vengono tutti da luoghi, quasi tutti a noi sconosciuti, hanno affrontato pericolosi viaggi, perché nei loro paesi non li attendeva un futuro vivibile. Mentre sono esplosi gli sbarchi, è stata celebrata la giornata mondiale della gioventù a Lisbona. Ragazzi e ragazze solari, vestiti bene, pronti alla preghiera e all’impegno.

Le due rappresentazioni sono di una contraddizione violenta. Non è possibile che la duplice scena lasci indifferenti. Fanno tenerezza i ragazzi che non hanno mai le scarpe ma gli infradito in qualsiasi stagione; non hanno valigie; hanno solo ciò che indossano. Alcuni diranno che sono minori, anche se non conoscono l’età perché nei loro villaggi non esistono registri di nascita. Se alcuni di loro fossero stati accolti alla giornata della gioventù di Lisbona, avremmo potuto citare la finale del Vangelo di Matteo: «Venite, benedetti dal Padre mio, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». I ragazzi risponderanno: «eravamo giovani e non dipendeva da noi seguire le indicazione dei Vangeli». Non sappiamo che cosa il Padre eterno risponderà. Sicuramente non si accontenterà di parole.

Forse, crescendo, i ragazzi di Lisbona capiranno che il mondo è stato creato per essere in armonia e in fratellanza. Sapranno condividere il loro benessere con altri sfortunati; si impegneranno perché i loro studi e le loro competenze siano distribuite anche terre lontane e sconosciute perché tutti stiano meglio. Non lavoreranno per aziende che girano sulla terra cercare materie prime preziose, con salari da fame per chi le procura. Creeranno un mondo più vivibile per tutti. Per ora si impegnano a non spendere troppo per scarpe e giubbetti; mangeranno meno pizze e, soprattutto non si ingozzeranno di birra. Studieranno e si occuperanno di problemi seri per il loro futuro. Lisbona sarà così stata utile in collegamento con tutti.