“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.18 – A SCUOLA

I ricordi sono lontanissimi: la maestra, i grembiulini con i fiocchi azzurri e rosa, i compiti, la stufa a legna, la lavagna, anche la bacchetta, il calamaio, i pennini. A quel tempo tutto era logico: la prospettiva erano i primi cinque anni delle elementari. Pochi libri, per zaino i contenitori più strani. A me avevano riservato una scatola di latta, forte e pesante, con i ganci per chiuderla, dove gli alleati tenevano i proiettili. Non eri né ricco, né povero, ma facevi parte della fila che l’anno di nascita ti aveva riservato. La maestra ti prendeva dalla prima fino alla quinta elementare: educatrice, madre, assistente. Con metodi spicci. Bravo, somaro; se fossi stato indisciplinato avrebbero pensato i rimedi: dietro la lavagna, se necessario la bacchetta, un guizzo di salice stagionato sui dorsi delle mani e via.

Le cose, giustamente sono cambiate: il grande passaggio con la scuola media, resa obbligatoria nel 1962. Non tutti la frequentarono: già da allora qualcuno fu avviato al lavoro (barbiere, bar, piccole consegne). Dopo il militare molti partirono per il Belgio (miniere), per la Svizzera, Francia, Germania (muratori). Altri continuarono con il liceo e gli Istituti tecnici industriali. Per i diplomi di quest’ultimi il lavoro era pronto; quasi sempre lontano da casa. Un ordine ingiusto, ma funzionante: tuo padre ti chiedeva (una volta sola): vuoi studiare o lavorare.

Il mondo dell’educazione è molto cambiato, in meglio. Metodi, strumenti, occasioni si sono moltiplicati fino a confondere le idee di chi deve andare avanti. Alcuni problemi sono rimasti: tra questi la funzione degli insegnanti, l’abbandono scolastico. Lentamente la generazione dei 40/50 non ha più permesso che gli insegnanti si occupassero dei problemi del ragazzo/a. Sono diventati dispensatori di conoscenze: la scuola si è impoverita, non essendo più un’agenzia educativa, con la conseguente frustrazione di insegnanti e famiglie. Che problemi ha il ragazzo/a non compete alla scuola. Da qui un abbandono che non porta vantaggi alla crescita degli adolescenti.

In condizioni precarie (ambiente, famiglie, contesti) gli abbandoni sono grossi problemi, difficili da risolvere. Il triangolo scuola, agenzie educative (gruppi scout, sportivi, oratori), famiglie, è saltato: il ragazzo/a, nell’età più delicata, è solo. E’ costretto a consolarsi – si fa per dire – con la rete, senza controlli e senza riferimenti. Se qualcuno becca un gruppo un po’ balordo è la fine. Diventano esplosivi perché il loro stato, anche se transitoriamente, è tumultuoso e spesso irrazionale. Gli istinti primari violenza, gratuità, devianza possono produrre dolorosi risultati.

Dialogo, vicinanza, pazienza per i ragazzi/e che esigono attenzione e maggiore impegno a famiglie, scuole, istituzioni. Al di là della loro scorza dura, gli adolescenti sono come cuccioli, da prendere con cura e non contro pelo.

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SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi