“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.17 – SENZA FILA

E’ stata recentemente attivata una modalità per ridurre le fila presso le strutture pubbliche, per analisi e controlli medici. Alcuni grandi Istituti, accreditati con il Servizio nazionale sanitario, hanno dato possibilità di saltare la fila al pronto soccorso, per analisi e visite specialistiche, con un dettaglio: a pagamento.

Ti presenti perché cerchi un qualche riscontro: uno sportello a parte, in poco tempo, pagato il ticket, avrai quanto richiesto. Dicono che, a causa del Covid e non solo, sono saltati 12,5 milioni di esami diagnostici, 20,4 milioni di analisi del sangue, e 13,9 milioni di visite specialistiche.  La legge stabilisce che il Servizio sanitario nazionale deve garantire una prestazione in 72 ore, se urgente; in 10 giorni se si tratta di un paziente in codice “breve; entro 30 giorni se l’esame è differibile; entro 120 giorni se è programmato. Ma quando mai.

Secondo l’analisi Gimbe sono troppe le differenze tra regioni e nel 2022 erano  oltre 7 milioni di prestazioni da erogare. Alcune Regioni più virtuose hanno approntato un piano di recupero, altre non hanno disposto nemmeno un piano. Nel frattempo, chi ha denaro, si cura; gli altri aspettano, nella speranza che Dio la mandi buona, oppure muoiono.

Il servizio sanitario italiano era giudicato il migliore al mondo, perché universale e gratuito: stiamo perdendo anche questa virtuosità. I motivi sono molti: aumento della morbilità per la popolazione che invecchia, mancanza di medici e di operatori sanitari, una sanità che ondeggia tra trattamenti territoriali e quelli centralizzati. Nel frattempo, chi specula sulla salute dei cittadini moltiplica introiti e guadagni. Società di investimento, organizzazioni cooperativisriche, attività intra moenia la fanno da padroni. Si ripete una storia infinita dalle origini dei tempi: chi ha risorse proprie,  ha anche la possibilità di campare meglio e più a lungo.

Una cultura definita post-moderna, ma che nella realtà, mescola grandi intuizioni e progressi, con disparità millenarie: giovani e vecchi, cittadini e stranieri, uomini e donne, ricchi e poveri, sani e malati, istruiti e ignorati, nord e sud.  L’obiettivo non è che tutti siano belli, giovani, istruiti e celebri, ma che si stabilisca una proporzione per cui si possa parlare di un progresso generale e qualitativamente migliore rispetto al passato. Così non è. Chi è svantaggiato non ha voce, né potere, ma deve aspettare la generosità delle “briciole che cadono dalla mensa del padrone”. Peccato, perché basterebbe attenuare la famelicità dei pochi, a vantaggio del benessere di molti. 

Abbiamo ricordato la tragedia dell’8 agosto 1956, quando in Belgio un incendio, scoppiato nella miniera di carbon fossile di Bois du Cazier, causò la morte di 262 persone, di  cui 136 erano  minatori italiani. Oggi qualcuno è morto e altri rischiano di morire nella raccolta delle frutta e verdura nei nostri campi del sud.

Non è bello, né giusto.

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SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi

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