“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.12 – LA SOLITUDINE

Esistono due specie di solitudine in estate: quella fisica e quella ambientale. La solitudine fisica si vive rimanendo a casa. D’estate le città si spopolano; il caldo la fa da padrone. Dicono siano nove milioni gli italiani che non vanno in vacanza. Le ragioni sono diverse: chi non può permetterselo, perché le vacanze costano: viaggi, permanenze, spiagge, montagne. Tutto costa e anche salato. Coloro che stanno in casa al mattino o al pomeriggio si salveranno dal caldo tenendo socchiuse le persiane e le tapparelle. Nemmeno il ventilatore, perché la bolletta della luce fa salire i costi. Immobili nella penombra, aspettando la notte con qualche soffio di aria fresca. Molti dovranno assistere i propri anziani. Un tempo si portavano negli ospedali per un paio di mesi. Ora non più, perché c’è il controllo delle degenze inappropriate. Altri ancora non hanno ferie. Addirittura, qualcuno non sa dove lasciare il proprio animale domestico: il cane, il gatto, i pesciolini rossi, il tricheco. Non si va nemmeno a parenti: hanno fatto capire che non intendono mantenerti a sbafo. La tristezza incombe per qualche settimana, invocando il ritorno alla normalità.

Prima le vacanze erano concentrate: le grandi fabbriche chiudevano e le vacanze terminavano il 15 di Agosto. Quasi sempre, dopo quella data, pioveva. Ora non più. Il fermo della vita normale diventa solitudine se non triste, melanconica. Nemmeno la televisione ti salva, perché ricicla vecchie trasmissioni e film visti una decina di volte. La solitudine peggiore è quella ambientale, perché si intreccia in mezzo a moltitudini di persone che ti stanno appiccicate, non riuscendo a startene tranquillo. In spiaggia c’è la lotta dello spazio: gli ombrelloni sono sempre più fitti; fai le file, al bar alle docce, ai bagni. I bambini la fanno da padroni; la gente parla forte, è maleducata, sporca dappertutto; non stai tranquillo nemmeno in acqua. Se è in programma qualche manifestazione storica, canora, sportiva, anche lì migliaia di persone. Se stai in montagna e vuoi fare l’arrampicata, trovi davanti a te chilometri di scalatori, tutti in fila, con lo stesso abbigliamento. Ti viene il dubbio che hai sbagliato località. Dopo qualche cambiamento ti rassegni. E’ sempre così. Attenzione poi alle partenze e ai ritorni: devi calcolare bene ora e giorno del viaggio: il rischio è qualche mezza giornata intrappolato in pezzi di autostrada assolati.

A quel punto sogni di fare l’eremita: senza nessuno. Nel silenzio più totale. Anche senza luce, con le candele e il fuoco; con l’acqua del ruscello e con l’orto che ti procura da mangiare; qualche gallina, comprese le uova. Ma anche lì sei solo: per tre giorni va bene, ma poi si affaccia la malinconia. Dovresti diventare un discepolo di un maestro buddista; con lo yoga a livelli alti, puoi isolarti dal mondo, qualunque esso sia. Stai dentro di te, non devi pensare a nulla; le emozioni non sono permesse; devi svuotarti dai rumori, presenze, ambienti, pensieri. Ti viene il dubbio perché vivi, con una malinconia ancora più forte.

Ritorna alla vecchia abitudine: segui quello che ti fa stare meglio; non spendere troppo. Goditi un po’ di tempo libero, sia se sei solo sia con la famiglia. Non forzare: cammina, leggi, non fare nulla, a seconda di come ti gusta. Però pensaci e organizzati. Saggio il Libro sacro che dice: «Sarai fiducioso perché avrai speranza; ti guarderai bene attorno e ti coricherai sicuro».  (Giobbe 11,18)

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SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi