La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.50 – SENZA FIGLI

Con la pubblicazione dei dati Istat per il 2023 lo scenario dice che la nostra popolazione è in continua diminuzione; è pari a 58 milioni 990 mila, nonostante il saldo migratorio positivo di 274 mila unità di stranieri. Aumentano gli anziani: la speranza di vita alla nascita si attesta a 81,1 anni per gli uomini, a 85,2 anni per le donne. Diminuiscono le nascite: i nati nel 2023 sono stati 379 mila, 14 mila in meno rispetto all’anno precedente; il numero medio dei figli per donna nel 2022 era dell’1,24 sceso all’1,20 nel 2023.

Si è iniziato a parlare di glaciazione delle nascite. Le spiegazioni di questo fenomeno hanno due tendenze. La prima dice che le giovani coppie, vivendo condizioni precarie di lavoro, di risorse, di collocazione geografica non sono in grado di mettere al mondo dei figli, la seconda fa emergere la volontà di non mettere al mondo figli perché sono un peso che impedisce la realizzazione di vita degli adulti.

Gli interventi statali possono, se organicamene programmati, aiutare le giovani famiglie: nessun governo degli ultimi decenni ha affrontato seriamente la denatalità. Più seria è la tendenza di chi, pur avendone i presupposti, decide di non avere figli, considerati un peso per la realizzazione di sé. Una accentuazione del proprio destino, senza alcuna attenzione ai contesti nei quali loro stessi possono sentirsi appagati. La denatalità implica seri problemi sociali: l’integrazione degli stranieri, il sistema sanitario, il sistema pensionistico, le professionalità. La coscienza sociale non ha coscienza delle trasformazioni in atto. Né la politica se ne occupa. Una specie di attendismo fatalista.

Come sempre accade, sarà la storia a risolvere i nodi irrisolti: sconvolgerà equilibri culturali, economici, religiosi. Logica vorrebbe che già da ora i fenomeni delle trasmigrazioni, dell’incrocio delle etnie, dei nuovi assetti andrebbero affrontati. La sensazione è che la cultura occidentale sia in decadenza: se i popoli non percepiscono la fine dei propri equilibri, significa che sono svuotati e – sembra un paradosso – accelerano la loro fine. L’invecchiamento della popolazione e la denatalità sono indici centrali del declino. Una nuova sintesi sopravverrà mescolando antichi principi con nuovi indirizzi. Né è esclusa l’invasione di popoli giovani in cerca di benessere.