La rubrica “Senza conservanti” di Vinicio Albanesi. N.40 – VIAGGIARE

Ancora oggi si discute di come viaggiare. Quale auto comprare? A benzina, diesel, elettrica, mista? La discussione si allarga all’economia del Paese. Quante auto produrre; la cassa integrazione per 40 mila addetti? Il cruccio che per chi è attento non è risolvibile. Per ora si resiste con l’auto vecchia: viene il senso di colpa perché inquina. Ma anche le batterie inquinano. A idrogeno esiste solo un impianto, in Alto Adige, che lo eroga. Meglio i biocarburanti? Ma l’autonomia a elettricità quanti chilometri garantisce?

Un tempo si invocava la riduzione del trasporto su gomma; invece, le autostrade sono sempre più piene di camion. I treni si sono trasformati in alta velocità. La costa adriatica, poveraccia, non li avrà mai, perché le rotaie non resistono alle alte velocità. Per prendere un Freccia Rossa o un Italo devi fare quaranta chilometri per la prima fermata: poi l’auto dove la parcheggi?

Non parliamo di aerei: prezzi bassi, certezza di partire in orario inesistente. Una civiltà impazzita: mette insieme fretta e sicurezza, confort e prezzi abbordabili, prestanza e probabilità. Gli orologi non dicono più l’ora: sono troppo lenti; occorre correre, sempre di più, sempre di più. Non ti lamentare degli incidenti e delle code infinite; miliardi per i campi di sci, per i ponti delle vacanze già calcolati, con prenotazioni agli hotel; meglio i BeB.

Una civiltà che non si regola; rischi la vita per rosicchiare qualche minuto per la meta. In compenso piste ciclabili usate da pochi ciclisti perché amano andare sulle strade nazionali o al massimo provinciali, parlando tra loro e prendendosi metà carreggiata. In compenso hanno messo il divieto di trenta chilometri per abbassare il numero dei morti nelle strade urbane. L’educazione stradale non serve: mille euro per prendere la patente. Devi essere attento ai punti: male che ti va, paga una multa salata e non dichiarerai il conducente. Né puoi tornare al cavallo o all’asino; mettevano una settimana per andare dall’Adriatico a Roma. Campavano lo stesso ed erano felici e tristi come noi. I cappotti duravano trent’anni; due giacche, una per l’inverno, l’altra per l’estate. Camicie con il colletto rifatto per nascondere l’usura.

I sociologi non sanno che dire; descrivono senza suggerire. I giovani ti dicono che sei un combattente e reduce. E’ vero ed è meglio così, sia come combattente che come reduce. Almeno ho una storia.