Il Covid-19? Prima ha portato malattia e morte, ora scatena la lotta al cibo

di Vinicio Albanesi

Recentemente hanno riscoperto la presenza di immigrati irregolari. Non certo per pietà, solidarietà, rispetto di diritti, ma semplicemente perché la catena alimentare potrebbe incepparsi e sarebbero guai seri: aumento dei prezzi, file all’approvvigionamento, risse per l’accaparramento, importazione di merce non certificata.

Eppure tutti sanno che la raccolta di frutta e verdure avviene, in Italia, in gran parte a opera di immigrati, spesso irregolari. Già la raccolta delle fragole non è andata bene per mancanza di manodopera. Toccherà, se continua così, nell’incertezza del virus e del caporalato, alla mancanza di pomodori, verdure, mele, uva, olive e più avanti arance, limoni e mandarini.

Questa volta si sono fatte avanti le grandi centrali delle produzioni agricole, con il grido: mancano 200 mila persone pronte a lavorare nei campi (sicuramente a prezzi bassi). Qualcuno, molto ipoteticamente, ha suggerito che sarebbe necessaria una specie di sanatoria, come avvenne nel 2002 e 2009 per le colf e i lavoratori “subordinati”.

Questa volta le grida di salvezza per la razza bianca, per l’identità nazionale, contro l’islamizzazione, per la salute e la salvaguardia delle tradizioni, hanno perso la voce. Non ha funzionato nemmeno la rete, con i suoi improperi e volgarità. Con linguaggio tra lo smielato e il vigliacco, li hanno chiamati invisibili. Come le lucciole che volano tra le piante di grano in fiore che, all’imbrunire, si accendono e si spengono. Non riesci ad afferrarle perché sul più bello spengono la lucetta delle code e per questo non le vedi, ma sai che volano.

I 200 mila necessari a procurarci frutta e verdura nel frattempo sono fermi. In baracche malsane, ammassati, senza acqua e fogne, con la luce elettrica rubata. Anch’essi hanno fame. Sperano che la serrata finisca non per un atto di generosità, ma per la fame di chi va al supermercato a cercare frutta fresca e non la trova.

Se la passano appena un po’ meglio i lavoratori in nero; questa volta anche italiani. L’Inps, il famigerato-provvidenziale Istituto della previdenza, si sta accorgendo che non può aiutare chi non appare come lavoratore, nonostante lavori. Quanti sono nessuno lo sa: per questo li chiamano “in nero”, come gli schiavi. Soffrono la fame anche loro. Forse per essi la sanatoria sarà possibile. Forse.

Il Covid-19 è veramente diabolico. Prima ha portato malattia e morte; ora, ancora invisibile, scatena la lotta al cibo. Probabilmente si è accorto che i popoli di quest’epoca sono veramente dissociati: un agglomerato di saccenti, sfacciati e sprovveduti. Non hanno capito che la vita, il cibo e l’atmosfera andavano rispettati. L’angoscia è che il virus non conosce pensieri e misericordia, essendo un composto di chimica.