La Liturgia, con i brani della Scrittura, racconta l’inizio del proselitismo attivato da Paolo e Barnaba. Rispettando l’origine della loro fede, si recano alla Sinagoga Antiochia di Pisidia per esprimere le parole di Gesù. Gli israeliti presenti non accettano il nuovo messaggio, anzi si ingelosiscono, rimproverandoli per aver tradito la fede ebraica.
A tutto il mondo
Con coraggio Paolo prende una decisione che si ripercuoterà nella storia della Chiesa: «Allora Paolo e Barnaba con franchezza dichiararono: “Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”». E’ l’atto fondativo delle prime Comunità cristiane nel mondo. Ci sarà una discussione nel cosiddetto primo Concilio, di cui parlano gli Atti degli Apostoli tra lo stesso Paolo e Pietro (Capitolo 15) a proposito dei destinatari. Ma oramai la direzione è segnata. L’annuncio di salvezza del Nazareno non ha confini. E’ l’universalità caratteristica del cristianesimo. Tutte le creature umane sono invitate a seguire l’annuncio del Maestro. Ciò avverrà in tutti i secoli. Nessuno è escluso dalla salvezza. Il cristianesimo si allontana da subito da una religiosità settaria, chiusa in base a criteri di appartenenza. La storia conferma questa attitudine. La logica evangelica ha il fondamento a quanto in altre parti della Scrittura si dice: «Dio non fa preferenze di persone» (Atti 20, 34). Non selezionare è una proprietà di un Dio universale che tratta le sue creature senza distinzioni. Le parole del Vangelo di Matteo confermano la visione del Dio di tutti: a nome di Cristo si indica la strada «Ma io vi dico: amate i vostri nemici pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5, 43-45).
Non andranno perdute
La seconda caratteristica del cristianesimo è indicata dalle parole del Vangelo. Il nostro Dio è buono e vuole bene alle sue creature. Giovanni nel suo Vangelo gradisce l’immagine del pastore. Rivolgendosi a persone semplici scrive: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Due misteri: Gesù che si dichiara Figlio del Padre; un Dio amoroso e misericordioso.
Il salmo conferma il clima di beatitudine e di riconoscenza:
«Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione».
La guida evangelica offre uno spazio di religiosità umana e spirituale. A partire da Dio. Non è una semplice adesione a riti e a preghiere, ma una prospettiva di benessere e di felicità. Lungo i secoli la dimensione dell’umanità cristiana non si è sempre adeguata a questo spirito di fraternità. Sono apparsi difetti e anche scandali. Per ritrovare lo spirito cristiano occorre riferirsi a quanto i discepoli hanno riferito su Gesù e ai suoi insegnamenti. Seguirli offre pace e grandezza, nella dimensione dello spirito. La perdita della fede è grave perché prevalgono motivi umani che portano disuguaglianza, aggressività, odio e rancori. Guadando Dio nella autentica rivelazione evangelica si trova pace e fratellanza. Fermandosi alle manifestazioni umane emergono fragilità e contraddizioni che non aiutano la comprensione e soprattutto la fedeltà al Vangelo.
11 Maggio 2025 – Anno C
IV Domenica dopo Pasqua
1ª Lett. At 13,14.43-52 – Salmo 99 (100) – 2ª Lett. Ap 7,9.14b-17 – Vangelo Gv 10,27-30