Sgritta: “La legge 328? Ammissione di incapacità di far fronte a nuovi rischi sociali”

foto: Stefano Dal Pozzolo

foto: Stefano Dal Pozzolo

CAPODARCO DI FERMO – Il welfare in Italia ha una “trama declinata al pessimismo. Pessisimismo che è megafono e sponda a un messaggio dato dalla stessa realtà, non dalla teoria: i dati emergono dall’ultimo rapporto Istat, una radiografia più che una fotografia della realtà del Paese, che ne coglie le tendenze”. Negativa l’analisi del sociologo Giovanni Battista Sgritta, docente all’Università La Sapienza, relativamente allo stato sociale in Italia. Il professore sta guidando la formazione di operatori sociali e responsabili delle Comunità di Capodarco presenti in tutta Italia, arrivati nelle Marche per due giornate di confronto e dibattito. Presso la Comunità di Capodarco di Fermo si sono aperti questo pomeriggio i lavori del seminario formativo, che vede una cinquantina di partecipanti.

“Registriamo un’impennata del debito pubblico, pari al 135% del Pil”, ha riferito Sgritta, notando che in questi anni la legge Basaglia “si è sfarinata come neve al sole: quello che andava fatto per evitare che i malati mentali venissero ‘scaricati’ sul territorio non è stato fatto”. La stagione degli anni Ottanta “si è esaurita, mentre nel frattempo si aspettava il messia: erano cento anni che il Paese non aveva una legge di riordino dei servizi sociali. Arrivò nel 2000 con grande fatica, sembrava che avesse una costruzione in grado di sistemare le cose. Ma quella normativa era una dichiarazione di impotenza per molti aspetti. Di fatto era un’ammissione di incapacità dello Stato di far fronte ai nuovi rischi sociali”. Intanto la famiglia “era entrata manifestatamente in crisi, con il calo della natalità, che crea scompensi carsici e spaventosi sul piano demografico. Sulla famiglia non si poteva dunque fare affidamento. Rimaneva così il terzo settore e la legge 328 era un inno affinché svolgesse un ruolo sociale”. (lab)

© Copyright Redattore Sociale