“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.2 – QUALE PACE

 

La guerra in Ucraina ha posto in evidenza il problema drammatico della pace. Questa volta con un interesse diretto all’Europa e al nostro paese. La discussione si è concentrata sull’invio delle armi all’Ucraina, paese invaso, appellando alla nostra Costituzione che proibisce la guerra. L’art. 11 dichiara infatti: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».

La discussione sulla liceità dell’invio delle armi è stata ampia; il Parlamento ha emanato una legge apposita per l’invio, senza obiezioni del Presidente della Repubblica. Il recente incontro tra il Papa e Zelensky non ha prodotto indicazioni significative per la pace: più che di pace l’attenzione è stata diretta – per quel che ne sappiamo – sulla missione della Chiesa per i fanciulli ucraini deportati in Russia e sui possibili rapporti tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa.

movimenti pacifisti hanno fatto sentire la loro voce, rimanendo minoritaria, senza coinvolgere l’opinione pubblica, anche se, sondaggi autorevoli hanno indicato che il 45% degli italiani sono contrari all’invio delle armi e 39% favorevoli. La novità di questa opinione è che nostri concittadini sono più preoccupati per le ricadute economiche (49%), che per motivi umanitari (14%).

E’ logico porsi la domanda del perché l’insufficiente mobilitazione per una convivenza pacifica. Una buona risposta è stata dettata, già dagli anni ’30, dalla celebre pedagogista Maria Montessori: «Tutti parlano di pace, ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa per la competizione e la competizione è l’inizio di ogni guerra. Quando si educherà per la cooperazione e per offrirci l’un l’altro solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace». Sulla stessa lunghezza d’onda, dopo trent’anni, la Lettera di Lorenzo Milani ai cappellani militari «L’obbedienza non è più una virtù», 1965.

Viviamo in un clima competitivo: dalla nascita e per tutta la vita. Occorre essere prestanti in salute, in istruzione, in ricchezza, in età, in visibilità. Con l’’aggravante della mercificazione di ogni gesto. Il clima civile non è solidale: si parla di epoca postmoderna per gli ultimi decenni, caratterizzata da paure e chiusure. Eppure, sono stati vissuti momenti significativi per una vita dignitosa, con le grandi riforme degli anni ’70: la sanità, la scuola dell’obbligo, la chiusura dei manicomi, la riforma delle carceri, delle tossicodipendenze, degli istituti per minori. Altre battaglie sono in atto: per le disuguaglianze (nel lavoro e nell’immigrazione), per le disparità dei generi, per la tutela dell’ambiente.

Ogni grande riforma è rivoluzione: le voci cosiddette profetiche sono sempre scomode e, purtroppo, osteggiate. L’unica risposta possibile è essere attenti alle novità: saper distinguere le primitive esagerazioni, le aggressività, le scompostezze dalla sostanza delle proposte. Aprono a equilibri migliori, con dettagli ancora da definire, indicando strade da percorrere.

Con l’attenzione ai ritorni indietro: in economia, in filosofia, in politica, nelle relazioni sociali, familiari e personali. La storia insegna che il processo è composto da riforme e controriforme. Con la consolazione che, acquisiti i diritti sociali e civili, non si torna indietro. Tenendo presente che l’evoluzione tocca tutti gli ambiti della vita: dall’ambiente, alle comunicazioni, dalle relazioni al lavoro, dalla scienza all’etica. Il momento più difficile è nei passaggi, in attesa della quiete che verrà, anche se nessuno riesce a prevederne i tempi e soprattutto i risultati. Occorre essere intelligenti e tenaci: la storia cambia, anche se non sempre in maniera lineare. Seguire le grandi indicazioni della propria coscienza e della propria cultura porta a progressi necessari per ognuno. Se le difficoltà odierne non trovano ancora equilibrio nei temi della vita singola, familiare e sociale, il futuro fa sperare maggiori progressi di civiltà.

____________________
SENZA CONSERVANTI
La rubrica del Giovedì di Vinicio Albanesi