Da sempre i popoli hanno cercato di contare i giorni del tempo. Con i calendari, segnando il riposo e il lavoro. Sono rimaste le differenze tra il sud del mondo e l’Occidente. Religiosamente la situazione è più varia: le agende moderne segnalano nelle loro introduzioni le feste di ogni nazione, così da regolamentare eventuali visite, viaggi e lavoro.
Il primo dell’anno à riconosciuto ovunque, anche se non nella stessa data. Permette i ricordi buoni e cattivi, ma soprattutto fa sognare le cose migliori. Il 1° Gennaio per la cultura occidentale è una convenzione. Quel giorno è perfettamente uguale ai giorni precedenti e a quelli futuri, permette di sognare.
Alla base delle ricorrenze è previsto sempre un motivo; secondo i costumi e le storie dei popoli si celebrano santi, guerre, liberazioni, protezioni. Sono numerose e chiassose.
Per i benestanti sono occasioni di viaggi, di cibo e di sconti. La tendenza indica che sono riservate a chi, economicamente, può permettersi spese extra.
Molti milioni di persone nel mondo non possono celebrare nessuna festa a causa di guerre, fame, epidemie. Nessuno aiuterà a costruire una festa: è considerata un lusso riservato a chi ha risorse e pace sufficienti, sia personali che collettive. La razionalità e una coscienza sociale corretta vorrebbero che chi ha possibilità di festeggiare si
regolasse. Non sempre è purtroppo così: un meccanismo planetario invita agli eventi più impensabili, promettendo felicità e spensieratezza.
Un fenomeno che sembra strano ma é reale: per alcune persone, pur appartenenti a nazioni prospere, le ricorrenze producono solitudine e tristezza. Chi è in ospedale in carcere, senza casa, senza lavoro la festa è una doppia frustrazione: osserva che altri sono felici, mentre lui o lei non hanno possibilità di esserlo. La solitudine affettiva per mancanza di salute, di amici e famiglia è terribile. Chi è in queste condizioni le occasioni per far festa (cibo, musica, giochi, viaggi) non attenuano la tristezza.
La felicità è un insieme di situazioni favorevoli, senza le quali si è tristi anche in mezzo alla musica e ai balli.