“Senza conservanti”, la rubrica di Vinicio Albanesi. N.81 – PATRIARCATO

Anche quest’anno è stata celebrata la giornata contro il patriarcato e contro la violenza sulle donne. Una presa di coscienza e un invito a superare le disuguaglianze e la violenza ingiusta e aggressiva nei loro confronti. Il grave è che troppo spesso tali violenze avvengano all’interno dell’ambito familiare dove i legami affettivi e relazionali dovrebbero essere intimi, rispettosi e reciproci.

Che la donna abbia subito violenza da parte dell’uomo ha origini lontanissime. Nonostante nella civiltà greca e romana fossero immaginate delle donne dee, i pregiudizi sulla loro fragilità, inaffidabilità, addette alla sola cura della famiglia era convinzione comune. Gli antichi patriarchi romani prevedevano la moglie, la concubina, la prostituta, con esclusivo diritto al divorzio, senza giustificazioni da dare. Solo qualche donna celebre e forte veniva ricordata come degna di lode. La condizione nella religiosità non cambiava: non potevano accostarsi all’altare, né leggere e insegnare gli scritti sacri. Sono stati necessari secoli prima che la parità raggiungesse un livello di rispetto. Addirittura oggi in alcuni ambiti della vita sociale (insegnamento, magistratura, sanità) sono più le donne che gli uomini a essere impegnate: più raramente nelle funzioni apicali.

La gravità della situazione è nell’efferatezza di violenze gratuite nei confronti di donne in condizione di convivialità. Non è fuor di luogo pensare che tali atti atroci facciano parte delle radici storiche della presunta supremazia maschile. La non accettazione della parità, l’orgoglio ferito, il rifiuto sono alla base della violenza. Una specie di lotta nella quale è l’uomo ad essere fragile, immaturo, violento. Probabilmente l’attenzione anche nella coscienza sociale dovrebbe essere rivolta agli uomini, oltre alla dignità della donne. Sono essi la parte debole e inaffidabile: una dimostrazione evidente della sua incapacità a vivere da solo, rifiutato e sconfitto.

Un esempio, anche se solo parzialmente incalzante, è lo stato della vedovanza. La donna, rimasta sola, gestisce se stessa e i figli; raramente l’uomo vedovo solo ha tale capacità. Le difficoltà sono addebitate alla mancanza di attitudini alle faccende casalinghe. In profondità l’uomo è incapace di badare a se stesso e agli altri. Questa considerazione non va assolutamente adoperata a giustificazione delle violenze: le vittime, strano a dirsi, sono le vere eroine in un mondo dalla coscienza artefatta. La parità è la coscienza della dignità propria e altrui: non sono le donne la parte debole, anche se purtroppo vittime.