E’ oramai consuetudine non avere il morto in casa. La morte fa paura ed è meglio vivere fuori dalle abitazioni i pochi momenti della sepoltura e della cremazione. Chi ha scarse risorse o poca affezione per il morto, deve accontentarsi di ciò che offre il convento; la camera mortuaria dell’ospedale o, se i posti sono già occupati, il corridoio. D’altronde qualche anziano sfortunato ha già sperimentato la barella, in attesa di accedere al reparto. Non c’è discriminazione di genere: maschio o femmina come capita.
Chi può permettersi qualcosa in più sono attive le case del commiato. Parola nobile che non cita la morte, ma un arrivederci non si per quando e dove. Le più costose sembrano hotel a quattro stelle; se togli croci e angeli sulle porte di vetro hai un moderno e accogliente piano terra tutto per te, comprendente un ampio ingresso con divani, una sala per i più stretti parenti, una sala più ampia con porte scorrevoli ove i visitatori fossero numerosi; a disposizione i servizi igienici.
Il colore prevalente non è più il nero che mette tristezza, ma il bianco ghiaccio. Sono anche attrezzate per la composizione della salma, per la scelta della bara, per i fiori e le candele. Anche la liturgia religiosa viene prenotata dagli addetti alle pompe funebri, con la prenotazione dell’’ottavario ed eventualmente del trigesimo. Chi va direttamente al cimitero deve accontentarsi di una battuta di mani. Manca ancora, come in America, il trucco del viso del morto, ma ci arriveremo.
Terminate le condoglianze di parenti e amici, tutto ritorna come se nulla fosse accaduto, perché la vita è in attesa e deve essere vissuta da subito. Unica accezione se muore un giovane o una giovane: in quel caso prevale disperazione e commozione, accompagnate dalla domanda perché. Quando non c’è nessuno che piange, il Comune provvede alla sepoltura, con bare a basso costo di provenienza cinese. Antiche consuetudini: migliori per capire e apprezzare la vita, conoscendone l’inizio e la fine.