“Senza conservanti” la rubrica di Vinicio Albanesi. N.70 – I COLTELLI

Sono impressionanti i fatti di sangue (maltrattamenti, violenze, omicidi) all’interno delle famiglie e delle convivenze. Uomini che maltrattano e uccidono mogli, compagne, figli, più raramente il contrario. La spiegazione generale può essere la “fluidità delle relazioni”, come è stata chiamata dal sociologo Baumann. Non vincoli solidi, ma relazioni nelle quali non è stata progettata un’unità stabile, con il rispetto reciproco e paritario, ma lo stare insieme in cui il maschio è egemone-padrone. Senza entrare nei dettagli di spiegazioni “scientifiche”, la realtà narra l’aggravamento delle crudeltà.

Impressionante la ricorsa ai coltelli per ferire e uccidere, più raramente si usano le armi, quasi a voler dimostrare una violenza “amicale,” ancor più vendicativa. Un uso che non faceva parte della nostra cultura fino a qualche decennio fa. Forse sono stati i movimenti del terrorismo recente ad utilizzare uno strumento alla portata di tutti e facilmente reperibile. I coltelli si usavano per uccidere gli animali (polli, conigli, maiali, bovini e ovini). La sensibilità per il rispetto anche degli animali ha impedito la stortura, ritenuta disumana.

Aggravare le pene non è un deterrente; nemmeno impedire relazioni che, almeno all’inizio, non appaiono nocive. E’ indispensabile una cultura che definisca il rispetto verso tutti. La disparità di genere non è solo la differente stima tra uomini e donne, ma si allarga alla cultura occidentale discriminante. Le vittime sono sempre i “deboli” nella considerazione economica, culturale, sociale. Oltre le violenze di sangue esistono violenze di abbandono, di non rispetto, di disprezzo, di odio. Una lunga fila di violenze che rende la vita più difficile per alcune categorie di persone, senza giustificazioni e purtroppo senza pentimenti da chi si ritiene egemone, senza averne titolo.