Non so a quale facoltà umana appartengano i sogni. In questo contesto il riferimento è alle attività da mettere in campo per le persone in difficoltà. Il primo sogno è proporre l’ospitalità per quanti sono in gravissime condizioni a causa di malattie neuro degenerative, quali la Sla, la Sma, la Distrofia muscolare… Nella nostra zona, non conoscendone le cause, la presenza di tali morbosità è più alta dal resto d’Italia.
Le persone malate desiderano restare in famiglia il tempo più lungo possibile. Progredendo la malattia, le famiglie non sono in grado di accudire i propri cari. Da qui un lungo periodo di vita che solo con attenzione e molti strumenti e presenza è possibile garantire dignità. E’ una sfida che non deriva solo da principi etici, ma dall’opportunità di dare risposte alla volontà di chi vuol vivere, nonostante la malattia. E’ necessaria preparazione, ma soprattutto credere che la vita sia più forte della morte. L’esperienza ha dimostrato che, in cinquanta anni nella nostra comunità, nessuno ha mai chiesto di morire. Spesso si parla e si scrive di morte assistita: se c’è presenza e cura, la vita è desiderata. Le facoltà di intelligenza e di affetto rimangono intatte, nonostante il corpo diventi un tronco rigido.
Il secondo sogno è un cohousing per persone che possono vivere sole se accompagnate. Può trattarsi di disabilità, di vecchiaia, di equilibri psicologici. Il nostro mondo è tutto proiettato alla salute, al benessere, alla compagnia. La realtà dice il contrario: molte persone vivono sole, hanno bisogno di sguardi e presenze che garantiscano loro sicurezza e accompagno. Le famiglie d’origine sono assenti, lontane o non in grado di accudire quanti quotidianamente necessitano di partecipazione.
Tutti hanno diritto a vivere con rispetto, anche quando le autonomie sono parziali. La civiltà si misura sull’attenzione alle fragilità: un impegno doveroso per gli altri, ma anche per sé stessi. Nessuno può giurare sulla futura propria autonomia e indipendenza.