E’ una parola che desta preoccupazione e procura ansia, in chi lo propone e in chi lo subisce. E’ l’interruzione del lavoro sia nelle aziende private, che nei servizi pubblici. E una libertà che tutte le Costituzioni democratiche permettono. E’ lo strumento con il quale lavoratori e pensionati fanno sentire la propria voce. Lo scopo è ottenere miglioramenti salariali e anche di condizioni generali di lavoro. Purtroppo chi non ha potere contrattuale non ha voce: al massimo può indire assemblee che non sempre hanno ampie adesioni e ottengono risultati.
Per essere espliciti, si tratta di una trattativa che solo con un ampio consenso ottiene qualche risultato. Le regole stabiliscono che lo sciopero non è gratuito, ma ha un costo anche per chi l’attiva. Da qui la sua forza: produce danno ad ambedue le parti contrattuali: aziende e lavoratori. Si esplicita in forme a volte così complesse da avere effetti nella vita di ogni giorno: trasporti, blocchi stradali, chiusure di servizi (scuola, sanità, comunicazione) che hanno conseguenze nella vita dei singoli e delle famiglie. In genere gli scioperi sono indetti da sigle sindacali (tre in Italia le maggiori) che hanno organizzazioni complesse e diffuse a livelli locali, provinciali e nazionali.
Se un tempo l’interruzione dei servizi aveva obiettivi esclusivamente economici, di recente hanno assunto valori politici ampi. E’ la voce del popolo che si fa sentire “bloccando il paese”. L’esempio a favore della Palestina, con il cessate il fuoco a Gaza ne è una chiara manifestazione. Peccato che, a volte, frange di estremisti, approfittano per distruggere, fare del male, contrastare con la violenza “i poteri”, di volta in volta, individuati. Avere la libertà di scioperare e di manifestare è un bene prezioso da conservare. E’ vero che occorre non approfittarne e vigilare perché siano lontane intenzioni perverse di smantellare la pace sociale. Tutelare la dignità delle persone nel lavoro e nella vita è una dialettica utile e vantaggiosa.
Se oggi, nei paesi occidentali evoluti, sono state fissate regole precise circa la regolamentazione nel lavoro e nella vita sociale, lo si deve a quanti, in tempi non sospetti, hanno individuato le condizioni di miglioramento. Senza dimenticare che addirittura qualcuno ha perduto la vita nello sforzo di chiedere migliori trattamenti. L’evoluzione positiva della vita sociale non ha limiti: il percorso va verso il miglioramento, continuamente. Gli sfruttamenti e le disuguaglianze sono dure a morire.