“Senza conservanti”, la rubrica di Vinicio Albanesi. N.108 – GUERRE E IMPOTENZA DELLA PACE?

Quotidianamente ci aggiornano sulle guerre che ci circondano: prima la guerra di Ucraina, poi quella di Gaza, ora la guerra all’Iran. Gli strumenti di comunicazione offrono notizie in tempo reale di attacchi, di distruzioni, di morti. Da una parte si partecipa (a distanza) al dolore di migliaia di persone, dall’altra la frustrazione accompagna ogni notizia.

Molti credono nelle manifestazioni a favore della pace: una pressione perché le guerre cessino. La frustrazione aumenta perché i grandi poteri del mondo (Usa, Russia, Cina) seguono altre logiche, a proposito delle quali si fanno solo ipotesi. Nessuna comunicazione pubblica delle intenzioni di questi poteri.

Il clima è veramente frustrante, salvo i grandi interessi economici (materie prime, gas, elettricità) che immediatamente approfittano per aumentare i prezzi. C’è un intreccio diabolico tra la violenza e gli utili. La proporzione tra il dolore e la scarsità delle risorse procedono di pari passo. Un vecchio detto dei nostri genitori che avevano vissuto la seconda guerra mondiale diceva “in guerra c’è chi si arricchisce” e abitavano in un piccolo paese di provincia.

I Sommi Pontefici Papa Francesco e Papa Leone in continuazione appellano alla speranza di una pace giusta: un futuro di rispetto e di benessere per tutti. Il problema vero è come costruire speranza per un’autentica pace. Non sembri fuori posto affermare che la tenerezza, il dialogo, la delicatezza, la gratuità possono essere gli unici strumenti a nostra disposizione per un clima di pace.

Esattamente il contrario di quanto stiamo vivendo: l’isolamento, la considerazione di sé, il piacere prima di tutto, l’aggressività, l’odiosità. Non essendo i responsabili del mondo, possiamo essere garanti delle nostre parole e atteggiamenti. Solo così può tornare il clima sociale che permette l’impossibilità delle guerre.