La festa del Corpus Domini è stata inserita nella liturgia romana nel 1246 in Belgio per la visione mistica di una suora di Liegi, la beata Giuliana di Retìne. Poi, due anni dopo, papa Urbano IV la estese a tutta la cristianità dopo il miracolo eucaristico di Bolsena nel quale dall’ostia uscirono alcune gocce di sangue per testimoniare della reale presenza del Corpo di Cristo. Il sacramento dell’Eucarestia ha due grandi approcci: il primo riguarda la S. Messa. Il secondo le devozioni che accompagnano la venerazione (adorazione, 40 ore, processioni etc.)
Convito del popolo di Dio
La Messa è il momento centrale della celebrazione liturgica della Chiesa. I significati possono essere così riassunti: la Messa è un convito di tutta la Comunità. Si celebra nel giorno del Signore. La sua celebrazione è ricordata sin dall’inizio del cristianesimo. Prima che la nuova religione fosse riconosciuta si celebrava nelle case dei primi cristiani, spesso perseguitati. Aveva due grandi momenti. La liturgia della parola (canti di introduzione, lettura biblica, omelia). Seguiva poi la celebrazione vera e propria: il ringraziamento, il ricordo del sacrificio di Cristo, la presenza del Signore nella celebrazione, la trasformazione, l’invocazione dello Spirito, la prospettiva del convito finale, la celebrazione di tutta la Chiesa. Tutto ciò è ancora presente nelle liturgie odierne.
Nel tempo sono state poste due grandi questioni: la celebrazione quotidiana della Messa, la presenza “reale” di Cristo nella Messa. Con il diffondersi del cristianesimo e con l’abbondanza del clero fu introdotta la prassi della Messa quotidiana, anche senza popolo. Paolo VI, nel 1965 così scriveva: «Ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa privata, ma azione di Cristo e della Chiesa, la quale, nel sacrificio che offre, ha imparato ad offrire se medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del mondo intero l’unica e infinita virtù redentrice del Sacrificio della Croce».
Presenza reale
La seconda questione, ben più profonda e teologica, è il significato della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia. La riforma protestante, in vario modo, contestò il significato della “presenza reale” di Gesù nell’Eucarestia. Nel Medioevo si accentuò la dottrina della transustanziazione. Nell’Eucarestia, secondo questa dottrina, resterebbe la presenza dell’aspetto esteriore del pane e del vino (accidenti), ma la sostanza si trasformerebbe in presenza reale di Cristo (sostanza). L’approccio teologico e liturgico moderno ha abbandonato queste distinzioni: preferisce dare alla parola “reale” il significato di un’autentica ed efficace presenza del Signore. Si ripete il gesto dell’ultima cena, così come suggerito dal Vangelo: «fate questo in memoria di me».
Non bisogna dimenticare l’aspetto della morte e risurrezione di Gesù che si ricorda nella Messa. Il piano di salvezza risulta così completo. Dio creatore ha disposto la creazione, dotando gli uomini di libertà. Prevedendo i limiti dell’intelligenza umana ha inviato Gesù per farci conoscere chi fosse Dio. Il Signore ha operato il bene, con le parole e la sua vita, offrendo il modo di poter recedere da eventuali peccati umani. La promessa dello Spirito ha garantito la presenza di Dio, oltre la morte del Signore.
Oltre la Messa, la spiritualità cristiana ha scoperto il modo di permanenza della presenza di Cristo nell’adorazione eucaristica. Un modo tangibile di ritirarsi in riflessione e in adorazione. Nell’ostia si percepisce la presenza del Signore, ricordandolo nell’adorazione del vero Dio. Il silenzio favorisce e ricorda il deserto a cui più volte aveva ricorso Gesù con i suoi discepoli. La moltiplicazione dei pani e dei pesce appella all’universalità della salvezza. Il brano del Vangelo termina: «Tutti mangiarono a sazietà».
22 Giugno 2025
Festa del Corpus Domini
(1ªLett. Gn 14,18-20 – Salmo 109 (110) – 2ªLett. 1Cor 11,23-26 – Sequenza – Vangelo Lc 9,11b-17)