“Positivi e propositivi”: la vitalità di Francesco come antidoto al coronavirus

Francesco davanti all’ingresso della Comunità

Agricoltura, giardinaggio e un tifo sfegatato per i colori nerazzurri dell’Inter. Spaziano dalla natura allo sport le grandi passioni di Francesco, 26 anni di cui gli ultimi 7 vissuti nella Comunità di Capodarco a causa di una malattia rara che lo costringe su una sedia a rotelle da quando era appena un adolescente. La “Villa” è una location che solo a vederla dall’esterno si direbbe fatta apposta per lui, grandi spazi immersi nel verde che lo mettono nelle condizioni ideali di praticare il suo hobby preferito. Da buon diplomato in Agraria, infatti, con costanza e dedizione si prende cura di alcuni vasi che abbelliscono l’ingresso principale della comunità dove sono coltivate diverse piantagioni. A questo abbina anche l’attività di centralinista che svolge quasi tutte le mattine, con un occhio vigile ai risultati della sua amata Inter che lo scorso settembre ha avuto la possibilità per la prima volta di ammirare dal vivo: “Sono stato a San Siro per Inter-Slavia Praga ed essere quasi a bordo campo per la prima partita di Champions League è un’emozione che non dimenticherò”. Tra tante altre attività in compagnia, la sua quotidianità oggi scorre via con il sorriso nonostante le difficoltà.

“Poi qualcosa in me è cambiato”

L’inizio del suo percorso di vita tra Giarre, cittadina della provincia di Catania dove Francesco è cresciuto, e Jesi dove nel 2001 si è trasferito con la famiglia, non è stato dei più semplici. “All’età di sette anni mi è stata diagnosticata la malattia-racconta Francesco. Fino a quel momento camminavo bene e vivevo normalmente, poi qualcosa in me è cambiato; ho iniziato ad avere difficoltà di deambulazione, a cadere all’improvviso fino ad avere difficoltà a salire le scale. Da lì è iniziato il lento percorso che mi ha portato su una sedia a rotelle non prima di essere passato per girello e stampelle. All’inizio è stata una bella mazzata, frequentavo la terza media, usavo la carrozzina per lunghi spostamenti e la situazione era molto destabilizzante emotivamente. Sono stati mesi molto difficili in quanto mi vedevo diverso rispetto agli altri e non riuscivo ad accettarlo”.

“Ho iniziato ad accettarmi”

Con le scuole superiori arrivano anche maggiori consapevolezze e la situazione cambia. “In quel momento ho iniziato ad accettarmi e anche i miei compagni di classe mi sono stati molto vicini, facendomi vivere un ambiente ottimale tant’è che ricordo quegli anni scolastici in maniera piacevole”. La fine del suo percorso di studi coincide con l’arrivo a Capodarco. “Devo dire che i primi tempi ero un po’ chiuso e titubante”- racconta Francesco riguardo i suoi primi giorni in Villa-“perché mi dovevo inserire in un ambiente nuovo e con persone attorno che non conoscevo, ci sono stati momenti subito dopo la fine degli studi in cui ero solo e ci ho messo circa un anno e mezzo per aprirmi un po’. Le cose sono poi cambiate e dopo sei anni qui posso dire che Capodarco rappresenta una vera e propria famiglia ed è la mia seconda casa. Qui ho potuto sperimentare la mia grande passione per il giardinaggio prendendomi cura dell’orto che abbiamo realizzato nei vasconi, i prodotti variano dal prezzemolo, al basilico, cipolle, peperoncini fino alle melanzane e i pomodori; una volta maturi poi li consumiamo qui in Comunità come quando all’inizio della scorsa estate abbiamo fatto la pizza con le cipolle del nostro orto”. Nozioni da agronomo che cerca di mettere anche al servizio degli altri, l’anno scorso infatti è stato protagonista di un progetto che ha visto due settimane di incontri con le scuole in cui alunni e genitori hanno potuto conoscere attraverso le parole di Francesco la realtà della Villa e del suo “orto inclusivo”.

Tornati alla normalità “vorrei dedicare del tempo non solo a me stesso, ma anche agli altri”

Un’esperienza che non vede l’ora di ripetere, magari arricchendola di ulteriori idee una volta che l’emergenza coronavirus sarà definitivamente alle spalle. Francesco è rimasto a Capodarco in questi giorni difficili, che sta vivendo con l’energia positiva della sua età e del suo modo di essere: “Io sono sempre ottimista – conclude – non ci penso molto a questo virus e non mi abbatto. Chiaramente è una situazione difficile che ci costringe a rivedere le nostre abitudini, io però cerco di tenermi attivo e devo dire che sto facendo, seppur con le dovute precauzioni, quasi tutte la attività che svolgevo prima. Se tutti rispetteremo le regole ce la faremo, mi auguro si possa tornare alla normalità il prima possibile perché vorrei dedicare del tempo non solo a me stesso nella cura dell’orto ma anche agli altri. Mi piacerebbe infatti tenere dei corsi o degli incontri in cui presento la mia attività di giardinaggio e fornisco delle semplici nozioni su come praticare alcune coltivazioni. Il futuro lo immagino ancora tra studio e lavoro qui a Capodarco, il segreto è essere positivi e soprattutto propositivi”.