ROMA – Guardare agli arrivi pensando che siano solo via mare, continuare a pensare che l’accoglienza si possa ancora fare in maniera emergenziale, trattare il fenomeno migratorio con un approccio meramente securitario, ignorare gli “invisibili” dell’immigrazione come i minori e le donne ridotte in schiavitù, continuare a parlare di cifre e non di persone. Sono queste le cinque “ipocrisie” sull’immigrazione che si continuano a diffondere in Italia, secondo don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, da sempre impegnato al fianco dei più deboli. Come presidente della fondazione Caritas in veritate, da circa un anno si occupa dell’accoglienza dei profughi, attraverso un centro di prima accoglienza all’interno del seminario arcivescovile di Fermo, nelle Marche. Ma il modello “va rivisto – spiega – guardando all’immigrazione con occhi nuovi e cambiando radicalmente approccio”.
L’IMMIGRAZIONE CHE NON SI VUOLE VEDERE
Innanzitutto, perché la prima grande ipocrisia riguarda le modalità di arrivo nel nostro paese dei migranti. “L’attenzione sull’ immigrazione è da sempre concentrata solo sugli sbarchi via mare – sottolinea Albanesi – invece nella stragrande maggioranza dei casi i migranti arrivano alle frontiere regolarmente. Da Schengen in poi il gioco è semplice: si arriva con un visto turistico, in maniera legale, poi allo scadere del visto si resta sul territorio italiano. E’ una modalità diffusa ma nessuno la analizza, sono tutti concentrati a guardare le carrette che arrivano dal Mediterraneo”.
Secondo il presidente della Comunità di Capodarco, questo tipo di modalità è utilizzata, per esempio dalle persone che arrivano dal Sud America. Lo stesso vale anche per le persone che vengono dall’est Europa, che arrivano in autobus alla stazione “ma questa migrazione nessuno la vede, forse perché ci fa comodo così”. “E’ un’ipocrisia grandissima, siccome le televisioni fanno vedere solo il mare, parliamo di quello, nel frattempo gli aeroporti e le stazioni sono luoghi di approdo, di entrate e uscite, ma nessuno fa obiezione, nessuno si preoccupa di come poi sia facile anche cadere nell’irregolarità”.
IL NON GOVERNO DELL’ACCOGLIENZA
La seconda critica, don Vinicio la riserva alla gestione dell’accoglienza. “Dopo il salvataggio, i migranti vengono inviati nei vari centri sparsi sul territorio nazionale con un’operazione pressoché improvvisata: non c’è un’ organizzazione o un’autorità che gestisca tutto questo – sottolinea -. La gente viene accompagnata nei centri di primissima accoglienza, per lo più capannoni, e poi la prima preoccupazione è spedirli altrove, nel resto d’Italia. E noi veniamo allertati a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza programmazione, quasi all’improvviso”.
Le persone che arrivano “in parte sono state identificate, in parte no – aggiunge – non si capisce con quale criterio le donne eritree non vengano identificate quasi mai. Poi una volta nel centro di accoglienza sono tanti quelli che se ne vanno e fanno perdere le loro tracce. Alcuni arrivano, restano il tempo di una doccia e se vanno via. Hanno soldi e telefono, sanno dove andare. Ma anche questo è ipocrita perché è chiaro che per primo è lo Stato che non vuole governare la situazione”.
LO SGUARDO RISTRETTO DELLA SICUREZZA
Il terzo nodo è l’approccio solamente securitario con cui l’Italia da anni guarda al fenomeno migratorio. “E’ assurdo che sia solo il ministero dell’Interno a gestire la faccenda, il problema non è solo legato alla sicurezza, al controllo del territorio e alla repressione – continua Albanesi -. Perché poi una volta uscito dal sistema dell’accoglienza, il migrante cade nell’ombra, nessuno se ne occupa, nessuno se ne preoccupa. Decine di migliaia di immigrati si ritrovano in una landa desolata, in cui i più furbi e capaci ce la fanno, gli altri sono costretti ad arrangiarsi e il più delle volte finiscono davvero in giri illeciti e criminali. Ma in tutto questo il ministero del Welfare dov’è? Poletti dove sta? Possibile che non si riesca a guardare all’immigrazione con uno sguardo più ampio, che tenga dentro anche il mondo del lavoro e le politiche sociali? Molti di questi ragazzi che arrivano sono laureati, sono svegli e capaci, potrebbero essere una risorsa, noi li lasciamo in strada, non siamo in grado di valorizzarne le capacità. Serve, quindi, un approccio diverso, che non si basi sulla paura, ma sappia guardare l’aspetto economico e sociale”.
Per don Vinicio, per esempio, anziché “tenere parcheggiate le persone nei centri”; si potrebbe pensare a stage e tirocini formativi da fargli fare, in modo da inserire i profughi nei progetti di manutenzione del verde pubblico, o in altri servizi di cui potrebbero beneficiare i Comuni e i cittadini. “Tenerli a non far niente non è possibile e non è serio. Molti dopo anni non sanno nemmeno l’italiano. Così facendo non li rendiamo autonomi, ma facciamo in modo che debbano sempre rimanere all’interno di un circuito assistenziale”.LO SFRUTTAMENTO INVISIBILE
Tra le ipocrisie più grandi c’è quella che riguarda i minori e le donne, che una volta sbarcati finiscono nell’oblio, o meglio diventano “invisibili”: nella maggior parte dei casi sono vittime di traffici illeciti, di prostituzione, trafficati dalla mafie. “Perché nessuno se ne occupa? – chiede Albanesi – Possibile che non importi a nessuno? Così come non importa a nessuno capire chi gestisce la prostituzione, chi è a capo del traffico di donne e minori da mettere sulle strade a lavorare. Tutto questo è assurdo, è una grande ipocrisia chiudere gli occhi davanti alla sofferenza, allo sfruttamento e alla tratta. Nessuno protesta, nessuno alza la voce, forse perché serve a qualcuno che questo accada. Ma di certo non è degno di un paese civile”.
PERSONE, NON CIFRE
Infine c’è la questione delle cifre, a cui si guarda più che alle persone: dai numeri con cui si raccontano gli sbarchi, alla contabilità sull’accoglienza. “Quando c’è stato il terremoto a L’Aquila lo stato pagava per l’accoglienza ai terremotati 64 euro al giorno. Molti erano sistemati negli alberghi della costiera adriatica, ma nessuno ha protestato. Perché oggi 35 euro al giorno per i rifugiati ci sembrano così tanti? Solo perché queste persone sono nere? – sottolinea – E’ assurdo, il problema non è la spesa. Anche perché di quei 35 euro, ai migranti vanno 2 euro e cinquanta, il resto viene speso nei territori dove sorgono i centri. Il vero problema è quello di guardare a come funziona la gestione dell’accoglienza: si continua a lavorare senza un’organizzazione seria, facendo tutto in emergenza. Le persone arrivano, e in mezzo c’è di tutto, persone sane, persone con problemi psichici, senza nessuna distinzione. E’ possibile tutto questo? – si chiede il presidente della Comunità di Capodarco -. In questo sistema così governato è normale chi ci siano furfanti che si approfittano e guardano solo al guadagno. Ma non è difficile truffare, perché c’è chi glielo permette”. (ec)
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