La spiritualità del Cristianesimo non appella alle strutture ma al cuore

Nella prima Lettura sono riportate le vicende riguardanti la Comunità di Gerusalemme con i convertiti dal giudaismo e la prassi di Paolo e Barnaba con i battezzati pagani.
Sono illustrati i due modelli dell’evangelizzazione, quello giudaico e quello di Paolo. Dopo un serrato scambio di incontri e di lettere, prevale l’impostazione di Paolo che non fa differenze tra giudei (costretti alla circoncisione) e pagani. Restano alcune prescrizioni: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia  (convivenze irregolari). D’ora in avanti la comunità cristiana è aperta al mondo: primi interlocutori privilegiati resteranno gli ebrei, ma la missione evangelizzatrice si espanderà verso tutti.

La portata della scelta invoca il suggerimento dello Spirito, il solo che può guidare correttamente la Chiesa nascente.

Un monte grande e alto

Il brano dell’Apocalisse vuole descrivere, con il ricorso alla visione, la continuità tra ebraismo e nuova religione: «L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio… È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio».

Al cuore

In modo fantastico sono suggerite due grandi verità: la presenza dello spirito, la spiritualità del Cristianesimo che non appella alle strutture, ma al cuore. La  lezione di fede che mette l’attenzione alla sostanza del cristianesimo. Da molte parti si sottolinea la scristianizzazione dell’Occidente, dall’altra i grandi eventi della Chiesa, primi fra tutti la morte di Papa Bergoglio e l’elezione del nuovo Pontefice Leone XIV, sembrano suggerire un risveglio della cristianità.
Si tratta di fede o della esigenza di manifestare l’appartenenza a un gruppo religioso che abbraccia l’intero mondo? I dati dicono che sono necessari i riti, le manifestazioni di fede, le esternalizzazione della fede vissuta?

La liturgia di oggi manifesta chiaramente queste due volti. Il progredire faticoso delle piccole comunità cristiane con i loro problemi e i modi di esprimere la fede, ma anche la visione trionfante, anche se suggerita da una visione ultraterrena, della nuova Gerusalemme.
Non sappiamo quale sia il migliore approccio per un Occidente sempre più desacralizzato. Se le miserie dei cristiani soli e perseguitati oppure una vitalità che coinvolge i potenti della terra? La Chiesa è diventata luogo di conversione, oppure momento di consolazione e di fiducia?

Non è facile dare una risposta: sicuramente dipende da come si vive la fede nel Signore. Forse è più utile non lasciarsi coinvolgere dal metodo trionfante e partecipato dai social, per consolarsi. Il Vangelo, nel suo stile,  preferisce le piccole cose. Il messaggio «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» è più forte di quanto si immagini. La pace di cui parla San Giovanni si rifà alla visione delle beatitudini, dell’annuncio a Maria, del Padre nostro: una sequela di indicazioni che definiscono il profondo della fede. Umile, misericordiosa, pacifica.

Non si può confondere la sequela del Signore con la manifestazione esterna di essa. Si rischia la esternalizzazione, con nessun rapporto concreto nella vita, riducendo tutto a una gioia superficiale, senza dimenticare i fondamenti  dell’amore suggerito da Cristo.

Il salmo ricorda i due volti della religiosità:

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;

«Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.

Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra».

 

25 Maggio 2023 – Anno C
VI Domenica di Pasqua
(1ªLett. At 15,1-2.22-29 – Salmo 66 (67) – 2ªLett. Ap 21,10-14.22-23 – Vangelo Gv 14,23-29)