Il tema di questa domenica è la riconoscenza: per la guarigione e per colui (Dio/Gesù) che l’ha procurata. La lebbra è una delle malattie più temute dei tempi antichi, invalidante e umiliante. Ne avevano terrore, perché solo con l’isolamento era possibile limitarne i danni. Chi l’avesse avuta aveva solo la possibilità di sopravvivere in un gruppo ristretto, senza possibilità di contatti con altri che non fossero già lebbrosi. Fortunatamente la lebbra è scomparsa e comunque guaribile: è stato chiuso un ultimo lebbrosario anche in Italia. Era particolarmente temuta perché procurava bubboni purulenti con la caduta della pelle.
Naamàn ringrazia il profeta Eliseo, erigendo un altare al vero Dio. Al rifiuto di Eliseo che non vuole ricompensa Naamàn offre un altare, con la promessa di servire il vero Dio: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore». La riconoscenza va a quel Dio che ha permesso, tramite il profeta, il miracolo.
Il Salmo è un inno di ringraziamento per la grandezza di Dio:
«Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!»
Il brano di Luca ripropone lo stesso miracolo ai lebbrosi, una narrazione lineare, senza grandi segni e azioni: «Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati». Il miracolo avviene tramite la purificazione dei sacerdoti. Lo scopo dell’evangelista è altro: «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
La lezione della scrittura è evidente: ogni bene che permette una vita felice è opera di Dio. Senza poter rivendicare la necessità. Nella Chiesa è chiamata la lode a Dio, espressa molto bene nei Salmi. Purtroppo non siamo più abituati a “godere” dei beni concessi, ringraziando il Signore e godendoli, senza meriti. Sembra che siano nostra opera, sicuri della padronanza della vita. Eppure la stessa vita, anche se voluta dai genitori, è un dono immenso: è la grazia che offre di poter esistere. Non solo come animali, ma con intelligenza e volontà. In altre parole, con libertà. Se la riflessione fosse continua e profonda, si scoprirebbero la grandezza e la vicinanza di Dio. Ogni individuo è un miracolo, con beni preziosissimi da gestire nell’esistenza donata. Subentra invece una superbia che fa di ogni individuo il dio che gestisce il mondo. Eppure la storia dice che i beni preziosi sono raccolti nella fragilità dell’esistenza. La salute, il tempo che scorre, i misteri nascosti raccontano che i beni posseduti sono donati nella limitatezza di ogni esistenza.
Se questa coscienza fosse presente saremmo più attenti a quanti rendono possibili la vita vivibile. Non c’è riconoscenza per i beni ricevuti perché prevalgono superbia e autostima, non riconoscendo che senza l’aiuto di molti – moltissimi -, la nostra vita non sarebbe possibile: dalla nascita alla morte. Spesso, purtroppo, anche nel bene offerto non c’è riconoscenza. Sembra prevalere il motto: «fa il bene e non aspettarti riconoscenza». Nemmeno l’umiltà di non essere sempre e comunque autosufficienti. Addirittura, a volte, si attiva la “risposta rancorosa”: un non riconoscere il bene ricevuto e in risposta, la rissosità per nascondere la propria ingratitudine.
12 Ottobre 2025 – Anno C
XVIII Domenica Tempo ordinario
(1ªLett. -2Re 5,14-17 – Salmo (98) – ªLett. 2Tm 2,8-13 – Vangelo)