La Chiesa di papa Francesco. Non lasciamolo solo

Alle congregazioni generali dei cardinali prima del conclave, l’allora cardinale Bergoglio, riferendosi alle caratteristiche del nuovo Papa, disse: “un uomo che attraverso la contemplazione di Gesù Cristo e l’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la chiesa ad uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che l’aiuti a essere la madre feconda che vive della dolce e confortante gioia dell’evangelizzazione”.

All’udire queste parole, i cardinali, mossi dallo spirito santo, lo scelsero come Papa. E lui si è detto Francesco per andare verso le periferie, scegliendo i poveri per vivere il vangelo fino in fondo. Nel suo primo discorso ai cardinali, nella Cappella Sistina, disse che solo la croce è la verità assoluta della nostra adorazione e azione: “quando confessiamo un Cristo senza croce siamo mondani e non più discepoli”.

 Una chiesa che esce da se stessa

(foto L'osservatore Romano)

(© Copyright: L’osservatore Romano)

Una vera svolta della fede, non una fede come verità astratta, ma come esperienza dell’assoluto, della croce, dell’amore di Dio per noi, che ci sconvolge! Non la fides quae delle verità dei principi e dei dogmi, ma la fides qua con cui si risponde con il cuore all’amore assurdo di Dio. Siamo finalmente nella verità che attendevamo da tempo! Una chiesa che esce da se stessa, dalle sicurezze trionfalistiche di possedere la verità, scegliendo invece di andare, mossa da questa fede sconvolgente, verso le periferie, scegliendo la sete di giustizia e di amore nella verità.

Una Chiesa che, uscendo da se stessa, devo solo servire il regno di Dio, realizzandolo qui oggi sulla terra e non rimandandolo all’aldilà, come siamo arrivati a pensare oggi, rivelando così la nostra pochezza di fede. Una chiesa non più profetica come anche il cardinale Martini ha ammonito, una chiesa invece che, umiliandosi nel cammino di tutte le povertà spirituali e materiali, nelle loro periferie, si faccia carico del peccato degli uomini, della loro ingiustizia per realizzare il regno di Dio di giustizia e di amore.

Più vescovo che papa

Il cardinale Bergoglio in una omelia del 2012 ammoniva: “vivere per la giustizia e lottare contro l’egoismo: questa è la nostra missione di uomini”. Per questo lui, coerentemente, ha scelto di essere più vescovo che papa, prete parroco oltre che vescovo, uomo semplice tra gli uomini. Sarà allora per la chiesa un cammino contro ogni trionfalismo di quel darsi gloria, che l’ha portata a rinchiudersi e a rinchiudere Cristo stesso. È quella svolta di cui parlava, nel campo di concentramento, lo stesso Dietrich Bonheffer, di ritrovare cioè la vera fede nel Dio dell’impotenza che nei deboli cammina avanti a noi e ci precede nella verità. Una chiesa che allora non ha paura di sposare le cause degli uomini, di ricercare con gli uomini di buona volontà, una chiesa che sposa il mondo nella sua sete di giustizia e di amore, predicando e facendo soprattutto amore, come fonte della stessa giustizia.

È per questo che Papa Francesco non può essere lasciato solo. Egli può additare il cammino di questa fede, di questa verità scomoda, può purificare non solo con il suo esempio, ma con la determinazione di cui sarà capace, gli uomini che sceglierà accanto a lui per riformare le strutture della chiesa. Gli auguriamo di riuscire per quanto male è insediato in essa di strutture di potere  ma occorre un cammino di tutti i cristiani a fare la verità della scoperta del Cristo della Croce che si identifica con i poveri.

(foto L'Osservatore Romano)

(© Copyright: L’Osservatore Romano)

Ai giovani in Piazza San Pietro, a quelli della GMG, a quelli in carcere, Papa Francesco ha detto: “non lasciatevi rapire la speranza”. Questo perché, come ci aveva ammonito anche Papa Benedetto, la fede senza la carità operosa è morta come un albero senza frutta, ma è la speranza che fa camminare concretamente la fede e la carità verso le mete di salvezza di questa società, nelle sue periferie, verso il regno di Dio sulla terra, che non può non venire. Alla chiesa, allora, serve speranza, alla chiesa quindi servono giovani, portatori naturali della speranza.

Si impone una chiesa missionaria che abbracci però lo scandalo della povertà crescente, creata dal falso sviluppo, dall’idolo del denaro e del profitto. Da quanti idoli dovremmo uscire! Quanti alti e difficili ideali dovremmo trasmettere ai giovani perché nutrano la loro speranza, loro che sono capaci di indignarsi ma devono avere anche il coraggio di affrontare i mali. Dobbiamo ricostruire con i popoli della terra la giustizia universale con l’apporto di tutti i cristiani, richiamati ad essere sale e luce della terra. I cristiani non siano più accusati di ignavia o di infedeltà al vangelo, come dice Ermanno Olmi nel suo libro ultimo che “abbiamo dimenticato Gesù stesso”.

È questa riforma radicale della Chiesa che “l’uragano Francesco Papa” ci propone, ma che deve essere recepita anche dal basso di ciascuno di noi, per aiutarlo a realizzare veramente la riforma.

Il tempo della disobbedianza ai falsi poteri

Questo è il messaggio che ci viene trasmesso con forza per portare avanti insieme, comunitariamente, collegialmente, la causa dei poveri. Questo è il tempo anche della disobbedienza a tutti i falsi poteri che da sempre hanno e stanno addormentando le nostre coscienze, nel ritualismo, nel conformismo, nel falso moralismo, nell’integralismo di battaglie estreme e ideologiche, in personalismi di uomini orgogliosi, affatto umili e incapaci di mettersi al servizio dei più deboli, sempre più soli e abbandonati nella società individualistica che abbiamo creato. Come siamo soli noi del terzo settore e della cooperazione a portare avanti le cause dei deboli e come ci siamo persino divisi invece di unirci tra noi! Si impone anche per noi un nuovo cammino, un fronte unito in una grande speranza, in una grande sete di giustizia e misericordia, “la tenerezza” che non trova asilo nella nostra politica.

Ecco, io vorrei completare il pensiero di Papa Francesco: la resurrezione viene dopo la croce come certezza assoluta che dà un senso sicuro al lavoro di frontiera nelle periferie. La storia cammina veramente, ci saranno pure i nostri limiti e le contraddizioni, ma, camminando con i poveri, si apre veramente il cammino; le opere si fanno, l’umanità risorge, il bene trionfa, i sogni si realizzano. Così i poveri sono per noi la fonte della speranza. Diamoci allora questa certezza per non farci rapire la speranza. Fondiamoci, oltre che nella fede della croce, da adorare servendo assolutamente i poveri con letizia francescana, fondiamoci anche nella fede della resurrezione, resistendo all’estremo nelle nostre opere di giustizia, amore e libertà. Sfidando anche, come laici nella chiesa, ogni chiusura del vecchio modo di gestire la religiosità, riducendo però tutti i poteri, anche quelli civili, al servizio. La nuova politica nasce solo dal servizio. Facciamo nostra la lezione accorata di Papa Francesco. Non lasciamolo solo. Egli trascinerà la chiesa a ciò. Ma la chiesa siamo anche noi. E la chiesa con noi deve perdersi, uscire da se stessa nel realizzare il regno di Dio nella terra, se vuole essere viva. E solo i poveri possederanno la terra e quelli che li condividono.

Aiutare i giovani

Aiutiamo quindi con la sacramentalità che si fa educativa i giovani ad intraprendere il loro cammino di speranza, aiutandoli a saper condividere i poveri della terra e i deboli del nostro territorio. È il “glocale” la nuova dimensione operativa ed educativa.  Secondo la forza di questa scrittura che negli Atti degli Apostoli 2,17 dice: “negli ultimi tempi dice Dio, su tutti effonderò il mio Spirito, i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni”.

Sydney - un gruppo di pellegrini alla Giornata Mondiale della Gioventù (foto Fabio Scatasta)

Sydney – un gruppo di pellegrini alla Giornata Mondiale della Gioventù (foto Laura Meda)

I nostri tempi: i giovani con le visoni della loro speranza, gli anziani con i sogni del loro ben vissuto nella vita di amore, nella forza della profezia del tempo nuovo che deve venire e che viene.

Impariamo così noi adulti ad avere più forza, noi operatori del terzo settore impariamo a imporre ai poteri il nostro lavoro alle periferie esistenziali. Alziamo la nostra voce, che è la voce dei poveri.

Se siamo nei tempi ultimi è vero allora che “ il grido dei poveri penetra le nubi del cielo e invoca la giustizia divina” .

E Dio, ora, con i giusti la farà: “venite nel regno del Padre mio perché mi avete sfamato, dato da bere, visitato, accolto ecc…” , e ci dirà per l’ingiustizia dell’oggi: “andate via perché non mi avete sfamato dato da bere, visitato, accolto”. Siamo all’altezza di ciò oggi? Facciamocene con urgenza capaci. Papa Francesco è venuto apposta. È una luce di verità. Seguiamo la sua profezia andando a fondo al nostro impegno sia cristiano che civile e allora, anche per noi, la chiesa, nostra madre, sarà fulgida, come Dio la vuole, di opere di giustizia.

Don Franco Monterubbianesi