Il peso del Covid sulle speranze degli adolescenti: il 52,7% preoccupato del proprio futuro

Il 52,7% degli adolescenti guarda al proprio futuro definendosi “incerto” o “preoccupato”, gli “ottimisti” sono il 14%, percentuale che scende al 12,7% tra gli studenti delle scuole superiori e all’11,8% tra le ragazze. Sono i risultati dell’edizione 2022 dell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, realizzata annualmente dalla associazione Laboratorio Adolescenza e dall’Istituto di ricerca Iard. Intitolata quest’anno “Adolescenza tra speranze e timori”, l’indagine è stata condotta su un campione nazionale rappresentativo di 5.600 studenti della fascia di età 13-19 anni.

“Dopo l’anno del Covid, purtroppo i timori degli adolescenti sembrano essere molto maggiori delle speranze – commenta Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza -. Passare dalla Dad alla guerra, senza soluzione di continuità, ha reso gli adolescenti, già duramente colpiti a livello psicologico dalla pandemia, ancora più fragili e timorosi, in un’età che dovrebbe essere tutta protesa verso il futuro, in cui a farla da padrone dovrebbero essere i sogni e le utopie, in cui si dovrebbe essere ottimisti quasi ‘per statuto’. La considerazione più amara, sulla quale siamo chiamati tutti ad una profonda riflessione, è che il panorama che questi adolescenti vedono quando si affacciano alla finestra del loro futuro lo abbiamo costruito noi, pezzo per pezzo. L’adolescenza – sottolinea Tucci – appare smarrita e incerta, insicura e questo deve farci riflettere perché è la prima volta che ci troviamo di fronte a questo scenario: i timori sono molti di più delle speranze”.
E c’è una differenza di genere. “Le ragazze più dei ragazzi appaiono prudenti nel considerare la pandemia terminata e appaiono anche emotivamente più coinvolte sulle conseguenze negative della guerra in Ucraina, che vedono come una minaccia globale – spiega Carlo Buzzi, sociologo dell’Università di Trento e coordinatore scientifico del lavoro -. I maschi, invece, guardano al futuro con più fiducia e ottimismo”.

“Conoscere gli adolescenti, anche attraverso questa ricerca – precisa Paolo Paroni, presidente di Rete Iter-Istituto Iard – è un punto di partenza indispensabile per progettare interventi e politiche finalizzati a garantire alle nuove generazioni un contesto sociale in cui vivere adeguato alle loro esigenze e ai loro obiettivi futuri. Ed è proprio questo l’obiettivo di Rete Iter che propone interventi concreti e misurabili a favore dei giovani, da realizzare anche sfruttando i fondi che proverranno dal Recovery Fund. Siamo, infatti, davanti a un’assenza di politiche strutturali rispetto al mondo adolescenziale, il problema non è che manchino le risorse ma manca proprio la definizione di priorità su questo tema. Ricerche come questa devono servire anche a rimettere al centro il soggetto adolescente come protagonista non solo di interventi che riempiano contenitori ma che costruiscano soggettività pubblica”.
“Se il nostro osservatorio annuale sugli stili di vita degli adolescenti va avanti da oltre vent’anni con successo – osserva poi Buzzi – è unicamente grazie alla sensibilità delle scuole. Decine di insegnanti e dirigenti in tutta Italia che collaborano in modo straordinario, da anni, prendendosi carico della somministrazione del questionario. Un contributo importantissimo alla ricerca sociale su una fascia d’età, quella dell’adolescenza, spesso trascurata. L’ampiezza del campione e la continuità con cui riusciamo a svolgere le nostre rilevazioni ci consentono, infatti, non solo di fotografare la realtà adolescenziale, ma anche di osservare e descrivere le evoluzioni su abitudini e stili di vita, spesso rapidissime, che la riguardano”.

Fonte: Redattore Sociale/Agenzia Dire