Fare il bene senza sperare risposta

La liturgia di oggi offre un quadro di riferimento utile per ogni cristiano. Le letture sono suggerite per apparire quasi uno scandalo. Se lette nella dimensione di Dio diventano plausibili, anche se esigono una sensibilità raffinata. Una visione che oltrepassa la reciprocità umana e pone il cristiano in una dimensione che sembra sublime, ma anche, a ben leggerla, profondamente umana.

Pietà di me

Viene riportato, nel brano di Samuele, la tentazione di David, nuovo re di Israele, a liberarsi del re Saul uccidendolo. Resiste alla tentazione di ricambiare con violenza chi gli aveva fatto guerra per gelosia e per potere: le sue parole terminano con saggezza: «Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore». Un senso di rispetto in un clima tribale dove il nemico non era fatto prigioniero, ma era ucciso.

Il re David sarà ricordato come un grande regnante perché, oltre ad aver portato benessere al suo popolo, era stato obbediente alla sua coscienza. Anche se non fu scevro da errori gravissimi. La Bibbia ricorda l’uccisione di Uria, marito di Betsabea, che lo stesso re aveva messo incinta. Si coprì dei delitti di adulterio e di omicidio, avendo spedito Uria in battaglia dove rimase ucciso.

Il celebre Salmo 50 ricorda la richiesta di misericordia dopo il suo pentimento.

«Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nel tuo grande amore cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio.
Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha generato mia madre. Ma tu vuoi la sincerità del cuore e nell’intimo mi insegni la sapienza.
Purificami con issopo e sarò mondato; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia; esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe, Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo Santo Spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostiene in me un animo generoso».

E’ l’inno più sincero dopo delitti nefandi: riconosce le colpe, si pente di quanto ha commesso, chiede un cuore nuovo e uno spirito saldo

Primo uomo e secondo uomo

La seconda lettura non è innocua. Scrive San Paolo: «Il primo uomo [Adamo], tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo [Gesù] uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste». Il paragone è tra Adamo e Cristo: il primo è semplice uomo, il secondo uomo-Dio.

C’è continuità tra l’uomo terreno e quello celeste. In parole più semplici: ogni creatura umana è composta dalla dimensione fisica e da quella spirituale. Non c’è separazione, ma continuità della stessa persona. L’identità umana porta con sé le matrici terrestri e celesti.

Questa affermazione rifiuta per il cristianesimo ogni tentazione di manicheismo. Non c’è separazione tra bene e male: convivono nelle stesse coscienze. Ricorda Gesù: «Ciò che rende impuro l’uomo non è ciò che entra nel corpo, ma ciò che ne esce, come i pensieri e le azioni malvagie»; (Matteo 15:11). L’attenzione non è nell’osservanza esteriore delle leggi, ma nella purezza interiore del cuore.

Fare il bene senza sperare risposta

Infine il testo di Luca prosegue nel cosiddetto discorso della “pianura”, un parallelo con le beatitudini del Vangelo di Matteo. La chiave di lettura è l’espressione: «Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso».

La prospettiva è quella divina. Un atteggiamento di benevolenza che riesce a vedere il bene anche se, in un dato momento, non è esplicito. E’ stato fatto notare che l’atteggiamento di benevolenza è quanto ci si aspetta dall’altro quando noi stessi siamo nell’errore.

Non è questione di bene e di male, ma della capacità di superare i limiti altrui. Un atteggiamento sicuramente nobile, anche se non facile da adottare.


23 Febbraio 2025 – Anno C
VII Domenica del Tempo ordinario
(1ª Lett. 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23 – Salmo 102 (1039 – 2ª Lett. 1Cor 15,45-49 – Vangelo: Lc 6,27-38)