Elezioni 2022, quale welfare ci aspetta: consigli gratuiti al nuovo governo

Ristabilire l’autonomia del Ministero delle Politiche sociali, il cui accorpamento con il Ministero del Lavoro è stato “un errore” perché “le politiche sociali hanno altri destinatari, che solo in parte sono connessi con il problema del lavoro”. Predisporre interventi sulla famiglia, dagli asili nido alla lotta alla povertà, varare azioni per un sostegno concreto alla non autosufficienza. Sono questi alcuni dei “consigli gratuiti al nuovo governo” che la Comunità di Capodarco si prepara ad offrire ai leader di partito invitati per un confronto a Roma, il prossimo 7 settembre, sui temi della tutela della persona e delle sue fragilità. Un appuntamento che si innesta nell’ambito della campagna “Welfare Umano” già inaugurata a fine giugno con una due giorni di dibattito e riflessione.

Nel contesto di campagna elettorale e quindi di confronto collettivo sulle prospettive del nostro paese, in un documento elaborato per l’occasione da “donne e uomini che vivono nei territori, che hanno problemi di autonomia, ma che partecipano alla vita sociale con interesse e responsabilità”, viene posta da parte della Comunità di Capodarco una specifica attenzione agli interventi di welfare, cioè a quelle azioni necessarie a garantire un tenore di vita dignitoso per tutti, anche a coloro che a causa di malattia, disabilità, solitudine, povertà o discriminazione non sono in grado da soli di vivere una situazione di benessere.

La riflessione individua tre grandi quadri culturali, che rappresentano le tendenze sociali attuali, assai preoccupanti: anzitutto, un clima di disprezzo per i fragili, certamente favorito dal contesto di incertezza e paura che Covid, guerra in Ucraina, inflazione e speculazioni finanziarie hanno creato, e caratterizzato da un atteggiamento di “sostanziale chiusura con tratti di aggressività”. In secondo luogo, una generale mancanza di progettualità per il futuro, che non colpisce solo i giovani. Infine, una forte fragilità delle relazioni sociali, familiari e personali, che ha nella denatalità una delle sue più evidenti e tragiche manifestazioni.

Il documento della Comunità di Capodarco ammette che, di fronte a questo contesto, “non è facile per la politica invertire tendenze sociali” ma afferma che essa può comunque indicare delle linee di intervento generali a partire da un’analisi della situazione esistente che vede una disparità in forte crescita, una sostanziale assenza di una programmazione industriale ed evidenti segnali di fragilità anche in quel grande e corposo capitolo di welfare rappresentato dalla sanità.

La Comunità di Capodarco fa notare che il tema dell’assistenza è “scomparso dal dibattito pubblico” nonostante le persone coinvolte da questo comparto siano sempre di più e non solo per motivi anagrafici (un quarto della popolazione è over 65): considerando anche “famiglie disgregate, adolescenti borderline, povertà assoluta, immigrazione, ecc., infatti, “l’impegno che ne deriva è significativo e diventa indice di civiltà”.

Sul contrasto alla povertà, viene affermato come non basti l’approccio in termini economici, perché “alla povertà si giunge con una serie di elementi umani e circostanziali che determinano tale condizione: disoccupazione, affitti, numero di figli, luoghi che si abitano, solitudine di relazioni”. Serve quindi un approccio più ampio e il riconoscimento che il tema del lavoro e della sua ricerca (peraltro tema assai complesso per la difficoltà di far dialogare domanda e offerta) è solo in parte connesso al problema della povertà, e per molte persone non lo è per niente. “L’aver accorpato il Ministero del Lavoro con quello delle Politiche sociali è stato un errore: da correggere perché le politiche sociali hanno altri destinatari, che solo in parte sono connessi con il problema del lavoro (si pensi agli anziani)”, scrive la Comunità.

Sul tema dell’accoglienza e dell’assistenza, Capodarco suggerisce di porre alla base un principio da rispettare: che “ognuno ha diritto a nascere, vivere e morire nella propria casa” e pertanto che “l’accoglienza in strutture specifiche è l’ultima opzione da esaminare”. Una “buona” accoglienza passa per il rispetto della persona (viene assistita la persona, non “il pazzo, il vecchio, il tossicodipendente, il borderline, lo straniero”) e passa anche per una cura degli ambienti in cui l’accoglienza viene svolta: “Sono invalse – si legge nel documento – due tendenze nocive e irrispettose delle persone: numeri alti di posti letto (100-200 posti) e impostazione delle degenze in stile ospedaliero. La giustificazione è l’economia di scala. Il prezzo di questa economia è pagato da chi, per anni, è costretto a sentirsi un malato acuto e non avere una vita propria. Vivere relegato in un letto, con l’assistenza che deve rispondere al minutaggio, con cibo standardizzato, con visite esterne a orario fisso significa sottoporre la persona a una vera e propria persecuzione”. Un contesto di vita, scrive la Comunità, in cui “le scarse autonomie si perdono”.

La cura delle relazioni è dunque fondamentale in questo ambito così come nei processi di inserimento sociale che riguardano ogni cittadino nei diversi momenti della propria esistenza: vale nell’età prescolare, vale nell’ambito scolastico nel quale il “clima competitivo deve lasciare spazio al clima di comunità che accetta tutti valorizzando ogni minima risorsa”; vale rispetto al mondo degli adolescenti e a quello dei giovani, vale per le famiglie come per le persone anziane. Vale per tutte le persone con particolari difficoltà, per malattia e per condizione: la malattia psichiatrica, le dipendenze, la carcerazione.

Serve allora – viene detto al mondo della politica – uno stanziamento di risorse economiche sul fondo sociale che sia consistente e stabile; serve un’istruzione capace di valorizzare le capacità di ognuno; serve maggiore attenzione alle politiche giovanili; servono inserimenti guidati per le persone fragili e sostegni alla non autosufficienza. Serve una politica industriale attenta ai nuovi bisogni e consumi, servono interventi sulla famiglia, serve uno sguardo puntuale sulle politiche sociali. Il tutto – conclude il documento – per una vita sociale comunitaria e non competitiva, convinti che l’aiuto reciproco non è un gesto di gratuità, ma di necessità.

 

Fonte: Redattore Sociale