E’ nella storia di ogni essere umano che si gioca l’incontro con il divino. Recensione del libro di don Albanesi: “Raccontare Dio”

“Può sembrare strano che, a distanza di anni, si possa essere alla ricerca di Dio. Eppure la sensazione vera è che per molto tempo non l’avessi incontrato”

A 80 anni don Vinicio Albanesi,  presidente della Comunità di Capodarco e parroco dell’Abbazia di San Marco alle Paludi (Fermo), firma una delle sue riflessioni più intime, quasi un’autobiografia: “Raccontare Dio. Per essere parte attiva del creato” (Zefiro books, 2023) è un viaggio profondo, pacato e sincero, ma anche faticoso, perché è una fatica enorme trovare Dio e “dialogare con Lui”. Attraverso un approccio prettamente esperenziale, la via della fede che ci propone è accessibile a tutti, passa dal vivere un’esistenza normale, raccogliere le vicende quotidiane per capire chi è veramente Dio e leggerlo in tutto ciò che ci capita di bello e di brutto, in tutte le sue “infinite” sfumature

Se  la partenza di una riflessione è all’interno della propria storia il risultato poi diventa diverso, è così che “raccontando Dio”, don Albanesi trova l’occasione per raccontare se stesso. L’esortazione a entrare in seminario arrivata a soli 11 anni, la vocazione, gli anni da seminarista, l’università, la festa dell’ordinazione. Ma essere ordinato prete non è un punto di arrivo, occorre diventarlo. L’opportunità arriva attraverso l’incontro con la Comunità di Capodarco e le fragilità umane. E’ lì che la prospettiva si indirizza verso “il mondo di quanti, ingiustamente, vivevano emarginati in casa o in istituto, ragazzi e ragazze che nonostante la disabilità chiedevano di realizzare i loro sogni, il lavoro, gli affetti, una famiglia”. Un “progetto umano” per dare senso a una vocazione. Poi, arrivano gli anni della costituzione del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca), quelli delle missioni in Ecuador, Albania, Kosovo, Romania. Sempre in sottofondo, il legame con la scelta di sacerdozio: “Mai avuto il pensiero di abbandono” confida don Vinicio Albanesi.

Estetica, metafisica, mistero, bellezza, davanti al creato e alla solitudine della propria esistenza si gioca l’incontro di un uomo con il divino: “Dalla finestra della mia camera lo spettacolo che vedo ogni mattina è splendido. All’orizzonte il cielo con il taglio del mare, più in basso i terreni coltivati e le case lungo la statale adriatica. La fortuna è che abito in una casa sopra la collina”. Sono le scene che ogni giorno si rinnovano davanti agli occhi dell’autore che le fotografa, le immortala in parole che esortano ad aprirsi all’immenso, alle sensazioni che “ondeggiano”, a guardarsi dentro, a porsi domande percependo le risposte nel senso profondo di unione al creato che alcuni istanti della vita ci dona. È un invito a contemplare le scene che richiamano la Creazione. L’imperativo per ogni lettore è: devi vivere! Del resto “il Dio cristiano, tramite Gesù ha molte cose da suggerire”, è affettività, vicinanza, saggezza e gli elementi per fare della religiosità una relazione umana ci sono tutti: “Padre, figlio, amico, fratello e amore”.

L’andamento degli eventi è un’altalena e i misteri della vita continuano fino alla morte, nel tempo che scorre la vicinanza alle cose sacre aumenta perché la ricerca dell’intimità diventa sempre più raffinata, si “affina la capacità di sentire”. Utile fare sintesi del proprio credere e ricordare che nulla è completo e definitivo, di questo dobbiamo averne consapevolezza. Dio quindi resta un mistero irraggiungibile? Il passaggio più delicato del libro è quello in cui si approfondisce il senso del limite. La terra è un piccolo miracolo soggetto al progresso ma anche all’errore, all’usura, al disfacimento e la vita è una sfida alla quale l’umanità viene chiamata per tutto il tempo della sua esistenza. Di mondi difficili don Albanesi ne ha incontrati molti e la Creazione pensata da Dio “è limitata”, la sua continuità è affidata alla creatura umana che diventa essa stessa creatrice. In uno scenario preoccupante fatto di malattie, solitudini, povertà, crisi economiche, abbandoni e guerre, la via che don Albanesi ci indica è ancora una volta quella di “fare comunità” perché steccati e confini, come indifferenza e anonimato, non portano felicità ma disperazione e rabbia.

Non sono possibili sfruttamenti, sopraffazioni, dimenticanze o aggressività. L’accoglienza indica che nessun essere sulla terra vive in solitudine”. Per una “vita buona”, il testo elenca una serie di virtù umane, la comprensione, il perdono, la bontà, la cortesia, la non violenza, la mitezza, la gratuità, la generosità, la gratitudine, il servizio, per riassumerle poi in un solo consiglio: “fate sì che la vostra felicità riesca a far felici chiunque incontrerete”.  Don Vinicio Albanesi parla volentieri di Gesù Cristo, del resto l’ha cercato per tutta la vita: in solitaria, seguendo le scritture, la letteratura teologica, la religiosità popolare, l’impegno e la condivisione. E infine chissà, forse lo ha trovato. (s.lup)

A settembre in programma la presentazione ufficiale del libro presso l’Abbazia di San Marco alle Paludi (Fermo). Per richiedere il libro: Vento di Zefiro edizioni