Don Vinicio Albanesi: “Le mamme-coraggio dei figli disabili, come Maria sotto la croce”

a sua immagineROMA – “C’è solo un modo di perdonare: prendersi carico dell’errore che l’altro fa. Perché se non ti prendi carico di chi ti ha fatto violenza, che ti ha offeso, non hai via d’uscita. È una sfida perdonare, è una risposta di rimbalzo. È dire all’altro: sono disposto ad aiutarti nonostante siamo entrambi peccatori”. Lo ha detto don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, commentando la frase “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” pronunciata da Gesù sulla croce. Insieme a don Luigi Ciotti, a don Gino Rigoldi e a don Maurizio Patriciello, don Vinicio è ospite in studio della puntata speciale del programma “A sua immagine”, in onda su RaiUno in occasione del Venerdì santo.

“Il ricordo del male subito non si cancella, è un po’ come la memoria dell’elefante – ha aggiunto –. Perdonare significa avere la forza di portare l’altro alla salvezza. Ma il male prodotto non si cancella, procura una ferita che lascia un segno”. Don Albanesi ha poi commentato un’altra frase pronunciata da Cristo crocifisso prima di morire: “Donna, ecco tuo figlio; figlio, ecco tua madre”. Il messaggio “è di san Giovanni, ed è l’unico evangelista che lo riporta – ha precisato –. La Madre ha sfidato tutti, perché è sola (i discepoli si sono allontanati per paura); vicino a lei ha soltanto l’apostolo Giovanni”.

“Sono molte le mamme coraggiose: vivono questa dimensione di donatività forte – ha rilevato don Albanesi –. Quando incontri una mamma 80enne con un figlio 60enne che sembra un bambino perché disabile mentale, lei ti dice: ‘Meglio che io me ne vada un minuto dopo di lui, nessuno può volergli bene come me, e se me ne vado chi ci penserà a mio figlio?’. Passano la vita aggrovigliate in questo dolore, combattenti, ma soprattutto soddisfatte per aver dato a questo figlio o figlia in difficoltà il fatto di stare meglio. Ricordo un ragazzo disabile gravissimo che si placava solo se appoggiava la mano sul braccio della mamma. Davanti a queste scene scopri che le capacità umane superano i limiti”.

“C’è una beatitudine evangelica che noi preti abbiamo un po’ stravolto: ‘Beati i puri di cuore’. Sono i puri di cuore, i trasparenti, che non dicono menzogne e sono leali, coraggiosi, generosi – ha aggiunto il sacerdote –. Ma questa nostra società è ormai ammantata da una serie di schermi razionali, di convenienza. Il sistema sociale non solo ha ammazzato i sogni, ma li ha deviati, il che è ancora peggio. Nasciamo circondati da misteri, come un fiume che fuoriesce dalla montagna e arriva al mare. Abbiamo bisogno di Qualcuno che dia un senso e una speranza a questo percorso”. A questo proposito il presidente della Comunità di Capodarco ha ricordato “un ragazzo che al funerale della sorella disse dal pulpito: ‘Dio ce l’ha data, Dio ce l’ha tolta’, esprimendo una fede profonda. La vita non si perde, ma ritorna a Chi ce l’ha data”.

“Soprattutto in età adulta uno si rende conto che la vita è come una finestra: non sappiamo quando si chiuderà, quindi è necessario avere davanti a sé un sogno – ha concluso don Albanesi –. La giustizia, il perdono, l’accoglienza: abbiamo bisogno di veder compiuto il disegno del giardino dell’Eden che abbiamo coltivato, ma che non è ancora perfetto. Quindi l’augurio è di essere felici e di far felici gli altri”.