Dipendenze, verso la normalizzazione dei consumi: “Fruitori consapevoli”

Capire come è cambiato il mondo delle dipendenze in Italia: dalle tipologie delle sostanze al mercato fino alla modalità di assunzione, in linea con la trasformazione della nostra società e dei bisogni che emergono nella stessa. Di questo si è discusso questa mattina nel corso del workshop “Dipendenze, verso la normalizzazione dei consumi?” nell’ambito della XXIV edizione di Redattore sociale. Stimolati dalle domande di Riccardo Sollini, coordinatore dei servizi della Comunità di Capodarco di Fermo ed ex direttore della Comunità Terapeutica “L’Arcobaleno”, il sociologo Raimondo Pavarin, direttore dell’Osservatorio epidemiologico dell’Ausl di Bologna, Fabio Lugoboni, medico e direttore dell’UO ospedaliera di Medicina delle dipendenze, e Michela Bomprezzi, Assistente sociale e mediatrice familiare presso l’ASUR ZT1 di Pesaro, hanno cercato di spiegare la dimensione del fenomeno e i possibili approcci.

Raimondo Pavarin e Riccardo Sollini

Per farlo sono partiti da alcuni dati, come quelli contenuti nel rapporto 2017 sulle dipendenze nel capoluogo emiliano e in AllCool Project, il progetto europeo che indaga il consumo di alcolici tra Italia, Portogallo e Spagna. Nel suo intervento Raimondo Pavarin ha parlato della nuova figura di “fruitore”, descritto come una persona “attenta alla propria presentazione alla società, che conosce il proprio ruolo e non ha intenzione di essere accorpato alla macro categoria dei “tossici””. “Egli – prosegue il direttore dell’Osservatorio epidemiologico dell’Ausl di Bologna – conosce quali siano le conseguenze, agli occhi degli altri, delle cicatrici causate dall’assunzione di eroina o cocaina per via endovenosa ed utilizza altre modalità d’uso, le quali risultano più adatte alla caratterizzazione via via più strutturata del proprio ruolo. La sperimentazione, che come detto ha comportato l’aumento di utilizzo di sostanze diverse dall’eroina, da casuale diviene selettiva: chi assume, attualmente, conosce perfettamente gli effetti di ogni tipo di sostanza, i quali devono però essere direzionati verso uno scopo preciso”.

Da qui emergono delle competenze su cosa e di come assume in relazione ai momenti, con l’esigenza di vivere “quella sensazione” in una determinata situazione. Il ruolo ora si struttura definitivamente, assumendo la qualità consumatore socialmente integrato più che di “tossico”. “L’MDMA – spiega Pavarin – viene utilizzata come mezzo per la socializzazione ad un rave ad esempio, la cocaina aiuta a svegliarsi poiché si ha l’esigenza di essere efficienti fin dalla mattina, le anfetamine divengono necessarie quando i chili di troppo divengono molti (annullando il senso di fame) ed anche l’eroina, se fumata, riesce a dare quel senso di tranquillità necessario prima di andare a dormire. I dati, d’altra parte, sono un utile aiuto nella visione d’insieme di questa nuova tendenza: l’assunzione di cannabis dal 2006 al 2015 in Francia, Germania, Irlanda e Finlandia è aumentata fino a raggiungere picchi storici e relativamente stabile è la situazione italiana. La variabile interessante non è rilevata tanto dalla quantità statistica del campione totale, quanto dall’individualità da esso contenuta: sono infatti in costante aumento i consumatori ad alto rischio. I pazienti che si sono sottoposti al primo trattamento in Europa, infatti, da 43000 del 2006 arrivano fino ai 76000 del 2015. Il dato è in linea con la strutturazione del nuovo ruolo: in molti Paesi la cannabis è stata legalizzata assumendo quindi una caratterizzazione più sociale, anche se le conseguenze divengono quelle dell’incremento dei consumatori assidui e della disponibilità di prodotti più potenti”.

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio, gli effetti della crisi economica avrebbero nel corso degli anni comportato un aumento di accesi ai reparti di pronto soccorso, un aumento della mortalità per overdose (letalità), e una diminuzione del consumo di cocaina, con conseguente calo della mortalità. A far riflettere è l’aumento delle morti per overdose, un problema che riguarda anche i piccoli centri e non solo le grandi città. Nel 2017 le morti sono calate nel capoluogo emiliano rispetto al 2016, da 19 a nove casi, mentre sono aumentate in altre città dell’Emilia-Romagna. Ad esempio, a Modena c’è stato un balzo da nessuno a cinque casi nel giro di un anno. Allo stesso, rispetto alle zero morti per overdose nel 2016, nel 2017 si sono verificati tre decessi a Reggio Emilia, due a Parma e altri due Rimini. La cosa interessante è anche vedere i profili di chi muore, ossia per la maggioranza persone in carico ai servizi da lungo periodo.

Crescono gli accessi ai  pronto soccorso. In aumento gli accessi ai reparti di pronto soccorso per abuso di sostanze illegali, nel 2017 sono stati 902 infatti i soggetti costretti a fare ricorso alle cure a fronte dei 256 del 2009. In gran parte dovuti ad abuso di cocaina (28,9%), cannabis (22,2%) e oppioidi (14,1%).

Condizioni economiche. Come detto, ad incidere sul fenomeno dei consumi è sicuramente la crisi economica degli ultimi anni, con una posizione sociale “bassa” che è indice, seppur con percentuali diverse, di maggiore uso di illegali/psicofarmaci e dipendenza da tabacco, maggiore uso intensivo e a rischio di alcol e di disturbi psichici specifici. Questo è quanto emerge da 1005 interviste a studenti di scuole medie inferiori e istituti professionali dell’Area Metropolitana di Bologna (2017/18).  Il quadro che emerge dai dati descrive un consumo di sostanze psicoattive che non pregiudica le relazioni sociali e non interferisce con attività quotidiane, impegni sociali, studio e lavoro. Non vi è una chiara demarcazione tra chi è considerato un venditore e chi è invece un semplice cliente, così molti consumatori partecipano ad entrambi gli aspetti delle transazioni. Mercato di tipo domestico, che si basa su fiducia e contiguità tra acquirente e venditore. Transazioni quasi esclusivamente tra amici e conoscenti, non finalizzate prioritariamente ad attività di lucro.

Alcol, scelta “razionale”. Durante il workshop si è anche discusso sulla graduale normalizzazione dell’eccesso alcolico. Dalla ricerca “AllCool project”(500 interviste di giovani tra i 18 e i 29 anni) emerge un mondo giovanile nel quale sembra perdere di senso la distinzione tra sostanze legali ed illegali, e l’uso degli alcolici viene pianificato per raggiungere particolari stati di alterazione. Al fine di spendere meno, molti acquistano gli alcolici nei discount alimentari o nei minimarket etnici, ma solitamente li consumano nei pressi dei locali che fanno tendenza e attorno ai quali si radunano grandi gruppi di giovani che trascorrono la serata assieme, cambiando spesso locale. Molti scelgono il locale dove trascorrere la serata in base al denaro di cui dispongono. Spesso bevono a casa prima di uscire, in modo da spendere meno e consumare di più.

Questo nuovo quadro di riferimento, ha impatto anche sulla dimensione di cura sulla dipendenze laddove “A diventare disfunzionale o a “provocare” addiction – ha spiegato Sollini – sono attività e prassi quotidiane, significa che di fatto la dimensione individuale, personale e unica della persona diventa centrale. Per cui il sevizio, la comunità o ogni forma di cura deve rientrare in percorsi individualizzati e modelli di intervento personalizzati, che male si sposano con l’idea universalistica di partenza delle comunità terapeutiche”.

Partendo da questo tema si intreccia l’intervento di Lugoboni che partendo dalla sue esperienza del Reparto di medicina delle dipendenze di Verona, sottolinea la centralità dell’affrontare il tema delle dipendenze da punti di vista differenti. “Parlare di dipendenze implica il tener presente del mondo delle sostanze, staccandoci dal concetto legale e illegale, vedere la dimensione dei vissuti infantili della persona, cosi come ai traumi, senza dimenticare la storia che la persona ha vissuto”.  “Nel mondo si registrano un morto per fumo ogni 4 sec. – continua Lugoboni- ma il fumo di tabacco non è elemento di approfondimento o di cura. Altra dimensione importante è quella del ruolo dell’utilizzo dei farmaci senza prescrizione e la dipendenza da benzodiazepine, che raggiunge dimensioni devastanti in Italia. Legate anche ad una poca conoscenza della dipendenze da parte dei medici”.

Michela Bomprezi ha presentato il progetto sulla peer education basato sulle intelligenze multiple, che “sfrutta” in maniera positiva, rafforzandole, quelle che sono le competenze degli adolescenti “sono i ragazzi coinvolti che intervengono e propongono attività di prevenzione e di crescita delle consapevolezza ad altri coetanei questo – continua Bomprezzi – amplifica in maniera esponenziale i contenuti e il messaggio che si vuole portare avanti”.

Il video del Workshop sulle dipendenze