“Cosa volevamo essere e cosa siamo diventati”. Riflessioni sulla povertà per un Welfare Umano

Foto di Vinicio Albanesi (particolare)

“I dati della povertà fanno da specchio ad una società in grave decadimento”. Inizia così la riflessione scritta dal direttore generale della Comunità di Capodarco di Fermo, Riccardo Sollini, dedicata ad implementare, attraverso una serie di documenti, le motivazioni a sostegno di una Campagna (quella per un #WelfareUmano), che sta piano piano conquistando il giusto posto tra adesioni e sostenitori. Tra i numeri che fanno scuotere le coscienze segnalati da Sollini e che rappresentano uno “spartiacque reale tra cosa volevamo essere e cosa siamo diventati”, quelli in cui si evidenzia “come in questo perpetrarsi di crescente povertà, si arriva al distanziamento della qualità della vita, in cui, un bambino nato a Sud e un bambino nato a Nord, hanno speranze di vita di almeno 4 anni differenti” e quelli “sull’ereditarietà della povertà”, per cui chi nasce in una famiglia povera o fragile ha il 59% di continuare a trovarsi nella stessa situazione.

Alla povertà reale economica, il direttore, nel documento che esorta a ripensare l’attuale situazione (e a ripensarci), racconta anche di una crescente povertà sociale, una povertà di prospettiva che è anche e soprattutto culturale, che contagia la possibilità individuale di guardare avanti, ipotizzare sogni. L’invito finale è quello di aprire una profonda riflessione a partire dal ruolo che il Terzo settore ha nella società odierna. Un mondo che spesso si è fatto carico di una fetta di servizi di cura e supporto che “altrimenti, non sarebbero stati erogati”. Un intervento che non può passare, come spesso accaduto, attraverso progetti precari e bandi al ribasso. A quell’essere risorsa, occorre dare la concretezza dell’essere anche “risposta”.

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