Comunità terapeutiche oppure “ostelli a basso costo”?

Il 30 aprile 2013 è scaduto un bando di un’Area vasta delle Marche per assegnare la gestione di una delle due comunità terapeutiche pubbliche della regione per soggetti con dipendenze patologiche. Il primo fattore che salta agli occhi, nel leggere il testo del bando, è la base d’asta basata sulla tariffa della retta giornaliera prevista per le comunità nell’anno 2009.  Il secondo elemento che colpisce è la richiesta di esprimersi al ribasso, sottolineando come ogni tipo di offerta al rialzo sarà automaticamente esclusa.

Le riflessioni che si pongono sono di due tipi, l’una di carattere politico, l’altra di ordine gestionale.
Negli ultimi anni (in particolare a partire dalla D.G.R. 747 del 2004 – atto di riordino del sistema regionale dei servizi per le dipendenze patologiche – e dalla successiva delibera attuativa n. 154 del 2009), la Regione Marche si è contraddistinta come una delle Regioni italiane più attente alle politiche rivolte alle dipendenze patologiche, diventando, di fatto, un laboratorio di riferimento anche per altre regioni.

Si tratta di un sistema basato sull’integrazione costante tra pubblico e privato, sia sul piano clinico che di programmazione politica; un settore, quello delle dipendenze patologiche, in cui le comunità terapeutiche del cosiddetto privato sociale accreditato forniscono un servizio (soprattutto residenziale) inesistente nel sistema sanitario pubblico, diventando così, non alternative nella scelta di cura, ma unici centri ricettivi possibili.

Con questa logica nel 2009 è stata avviata – in accordo con la regione Marche e l’ASUR Marche – una riformulazione della retta giornaliera delle comunità terapeutiche, identificando un trend di crescita fino al 2012.

Alcuni ragazzi ospiti della Comunità l'Arcobaleno durante un'uscita a Treviso

Alcuni ragazzi ospiti della Comunità l’Arcobaleno durante un’uscita a Treviso

La ridefinizione della retta ha tenuto conto della domanda di specializzazione proveniente dal servizio sanitario regionale e delle richieste di accreditamento sanitario previste dalle normative nazionali e regionali, che imponevano agli enti operanti nel campo delle dipendenze patologiche, di adeguarsi sia da un punto di vista strutturale (rispetto normativa antisismica, antincendio, sicurezza alimentare, ecc.) sia da un punto di vista metodologico e organizzativo (figure professionali qualificate, adozione programmi terapeutici approvati, ecc.).

Questo ha portato a una crescita della qualità dei servizi offerti ma anche a un innalzamento dei costi di gestione, così come alla necessità di effettuare investimenti cospicui per adeguarsi.
Gli attori coinvolti hanno concepito la retta giornaliera basandosi su tutti questi elementi, partendo dal presupposto che un servizio di qualità ha un costo giusto. Così facendo sono stati in grado di rispondere ai bisogni espressi dal territorio e intercettati dalle istituzioni territoriali e regionali, proponendo adeguati moduli specialistici e riconvertendo le proprie strutture terapeutiche.  Il sistema di integrazione e programmazione tra pubblico e privato sopravvive grazie al riconoscimento di pari dignità a tutti gli attori coinvolti nel sistema, riconoscimento che passa anche attraverso gli aspetti economici.

Un bando al ribasso con una retta ferma al 2009 rappresenta un campanello d’allarme per l’intero sistema, soprattutto per tutti quegli enti che hanno rimodulato la propria offerta verso settori specifici di intervento nelle dipendenze patologiche (giovani, ragazze con bambini, doppia diagnosi, minori).

Il salto sul gestionale è automatico considerando che la retta giornaliera è stata calcolata al fine di garantire la copertura di tutte le direttive e normative previste nella gestione di una comunità terapeutica.
Nel momento in cui gran parte dei punti validi per l’assegnazione di un bando di gestione passa dal ribasso della cifra indicata come base d’asta (già insufficiente per la gestione di una struttura terapeutica nel 2013), si rischia di dover scendere a compromessi nella gestione generale, andando ad abbassare il livello delle figure professionali – sia sotto il profilo della remunerazione sia dal punto di vista dell’esperienza – il livello delle attività terapeutiche proposte e il valore complessivo del servizio offerto.

In una situazione nazionale in cui la politica sembra incapace di tracciare linee di programmazioni diverse e di riformulare un servizio di welfare che garantisca quanti più in difficoltà, la logica del taglio rimane l’unica soluzione.
Ancora peggio, si effettuano tagli lineari senza distinguere le diverse tipologie di servizio offerte dalle strutture coinvolte; in molte regioni italiane sono stati accettati accordi che prevedono la riduzione delle rette giornaliere a fronte di una diminuzione degli standard di intervento. La conseguenza di questa azione è vedere le comunità terapeutiche ridotte a ostelli a basso costo, in cui i professionisti previsti per le attività terapeutiche non sono presenti, trasformate di fatto da comunità terapeutiche a strutture di contenimento temporaneo.

Riccardo Sollini
Associazione l’Arcobaleno