“La vera arte non ha bisogno di proclami e si compie in silenzio” (Marcel Proust).
Il 4 gennaio 2025, la Comunità di Capodarco di Fermo ha perso un altro grande pilastro, Bruno della Pietra, classe 1939. Nato a Vuezzis, frazione del comune di Rigolato a una settantina di chilometri da Udine, dal 1970 ha vissuto nella realtà di Fermo. Cappello, piumino e una coperta a coprirgli le gambe, elegante, austero, profondo, ha spesso comunicato il suo mondo attraverso l’arte. Abbiamo così conosciuto i suoi “paesaggi interiori”: la Carnia, le montagne, i ritratti, il mistero femminile, la spiritualità, l’umano cammino. Don Vinicio Albanesi (presidente della Comunità di Capodarco di Fermo), nel testo che accompagnava il catalogo del 2018, di una mostra a Fermo, dedicata a Bruno e curata da Domenico Amoroso (direttore del MACC – Museo d’Arte Contemporanea di Caltagirone), scriveva: la vita di Bruno è stata forte e coraggiosa. Essere sceso dalle sue montagne friulane alla Comunità di Capodarco lo ha aiutato ad affrontare la sua esistenza, in compagnia di altri che desiderano vivere. La Comunità è dipinta tra i rami di una grande albero: segno di affetto e di ringraziamento, anche se lontana perché impossibilitata a dare le ultime risposte”.
Sempre il presidente Albanesi, durante la presentazione dell’esposizione: “Bruno è arrivato qui dopo essere emigrato in Francia con la sua famiglia a causa del dramma della guerra. Fino all’età di 20 anni ha avuto una vita normale, poi però gli è stata diagnosticata una mielite traversa che ha immobilizzato i suoi arti inferiori costringendolo sulla sedia a rotelle. Un’infiammazione che gli provoca una costante sensazione di freddo”. Di sé in quell’occasione Bruno disse: “Dopo i vent’anni, ho dovuto cambiare vita e basarla su fondamenta nuove. Una di questa è proprio la religiosità. Non ho avuto la fortuna di avere qualcuno che mi spiegasse i colori e la loro chimica, per questo disegno a matita, con la stilografica, con i pastelli e non nego che nelle mie opere esce fuori spesso un grido di dolore dettato dalla sofferenza della mia condizione. Altre volte invece emerge una speranza e il bisogno di ancorarmi a nuove basi”.
“Più della disabilità è quella sensazione costante di freddo” che, aveva sottolineato, lo costringeva ad uscire poco e a trascorrere la maggior parte del tempo in ambienti chiusi, impedendogli una vita sociale. Ora tornerà fra le sue adorate montagne. Vicini alla famiglia, vogliamo accompagnare Bruno nel suo viaggio, con le parole di un canto-preghiera di Bepi De Marzi:
Dio del cielo, Signore delle cime, un nostro amico hai chiesto alla montagna. Ma ti preghiamo, su nel Paradiso, lascialo andare per le tue montagne…