Avviato il progetto “Aftercare”, capofila “L’arcobaleno”

Obiettivo del progetto è quello di costruire un nuovo servizio sul territorio che permetterà un azione continuativa rivolta a quelle persone che provenienti dal territorio hanno portato a temrine un percorso terapuetico presso strutture residenziali o ambulatoriali. Scopo del servizio sar quello di fornire un supporto terapeutico e uno spazio di incontro per mantenere e rafforzare le competenze e gli obiettivi raggiunti durante i percorsi intensivi.

Il periodo che segue le dimissioni da una struttura ad alta intensità come una comunità terapeutica residenziale, è un momento particolarmente delicato e complesso, per tre motivazioni, da un lato l’abbandono di un luogo in cui l’intervento clinico è stato continuo e duraturo, dall’altro perché c’è la necessità di ritrovare un equilibrio con i tempi e le relazioni esterne alla Comunità e infine per la struttura della persona che ha svolto il percorso. Pensiamo ad altri ambiti della medicina, con l’utilizzo del temine “convalescenza” serve propria ad indicare “il periodo intermedio che intercorre tra la fine dello stato di malattia (o dopo un’operazione chirurgica) e la ripresa completa dell’organismo. In questa fase il paziente è molto debole ed è particolarmente alto il rischio che possa essere “contagiato”. La convalescenza è un periodo assai delicato, che richiede cure attente quanto la fase di acuzie: l’organismo debilitato è particolarmente soggetto ad ammalarsi nuovamente o a subire ricadute. È quindi necessario osservare tutta una serie di precauzioni.” (Anderson, 2004)

Il concetto fonamentale è quello di fornire spazi di rafforzamento e mantenimento, partendo dall’idea di prevedere anche la possibilità di una ricaduta o di un avvicinamento alla ricaduta distinguendo tra ricaduta vera e propria e “scivolata”, quindi tra relapse e lapse. La scivolata o l’errore viene  considerata come opportunità di apprm endimento, quasi inevitabile in un processo di cura che si orienta tra tentativi ed errori, all’interno di un percorso che il soggetto compie per imparare a gestire il craving, per raggiungere l’astinenza e cambiare abitudini di vita. Questo concetto diventa dirompente perché introduce nel percorso terapeutico di una persona con problemi di dipendenza patologica di non considerare l’uscita dalla dipendenza in modo dicotomico – tutto o niente – quanto piuttosto come un processo che i compie attraverso la sperimentazione di strategie che diventano via vai più efficaci. Il lapse non significa essere necessariamente ricaduti ed essere ritornati inesorabilmente al punto di partenza; significa, invece, segnare un passo che permette una maggiore comprensione di sé e del proprio percorso di cura.

Partendo da questa premessa fondamentale, è evidente come il percorso intensivo di comunità o di ambulatorio necessitino di una continuità e di una proposta di carattere continuativo di cui il nostro territorio è sprovvisto (salvo iniziative ed interventi di enti residenziali). Introduciamo quindi il concetto di Aftercare (dopo cura) per identificare quelle proposte terapeutiche e di sostegno che vengono proposte dopo il percorso intensivo.

L’Aftercare fa riferimento a intervento strutturato e protratto nel tempo conseguente a un trattamento in regime di ricovero, residenziale o ambulatoriale, orientato a mantenere i risultati avuti e a prevenire le ricadute. È dimostrato come la partecipazione a gruppi di aftercare ha un impatto rispetto alla prevenzione di ricaduta e allo stesso tempo al mantenimento del proprio livello di sobrietà, cosi come di mantenimento della propria struttura e spazio sociale (lavoro, amicizie, famiglia). L’Aftercare rappresenta lo stato del mantenimento, può essere descritto anche come continuing care, che si cala perfettamente nell’approccio all’addiction come condizione recidivante. Vengono rinchiusi al suo interno diverse modalità di intervento e possibilità di intervento a più o basso grado, dai classici gruppi di auto-mutuo aiuto , a gruppi professionali di prevenzione alla ricaduta, gruppi motivazionali, terapia individuale, ma anche brevi check-up o counselling telefonici. Queste tipologie di interventi realizzate in continuità con ”trattamento intensivo” sono estremamente importanti per l’astinenza di pazienti precedentemente trattati. L’alleanza con il proprio terapeuta  (nel caso delle comunità con tutto il modello di intervento) è predittivo della partecipazione al trattamento e di una riduzione più significativa del consumo.

Sul modello di quanto premesso il percorso di aftercare proposto è quello di gruppo terapeutico di prevenzione alla ricaduta, un gruppo di continuità che coinvolge persone che hanno svolto (con dimissioni concordate o termine programma) presso strutture residenziali, semiresidenziali o ambulatoriali.

Obiettivi del gruppo saranno quelli di mantenere e consolidare la crescita emotiva e psicologica ottenuta durante il trattamento residenziale, monitorare i progressi del recupero e intervenire in maniera specifica dove ci siano segni anche piccoli di ricaduta (emotiva e/o comportamentale), continuare a trasmettere e favorire comportamenti di cura di se’, supportare il realizzarsi di relazioni positive e comportamentali incompatibili con l’uso di sostanze, Mantenere un punto di contatto con le persone che hanno svolto percorsi terapeutici con successo.

Nel territorio di riferimento dell’Area Vasta 4 insistono tre strutture terapeutico residenziali e un STDP, al momento ogni Unità si è attrezzata secondo diverse linee di indirizzo per affrontare il tema cura continuativa. I beneficiari del progetto (almeno 40 persone)  saranno tutti coloro residenti nell’Area Vasta di riferimento avranno portato a termine un percorso ad alta intensità in strutture convenzionate con il SSN anche in altre Aree Vaste o fuori Regione, ma che decidono di rientrare nel territorio.

La costruzione del servizio rappresenta un passaggio importante e particolarmente innovativo nel panorama nazionale, in quanto, nella cultura dell’intervento di comunità, si dà per scontato come la fine della comunità sia di fatto un passaggio di uscita totale dal mondo delle dipendenze, come se il punto di partenza e il punto di fine siano percorsi definitivi. In realtà il definitivo non è prevedibile di fronte allo scorrere della vita di una persona. Spesso lo spazio di comunità diventa un punto di partenza per un lavoro sulla propria persona e il tempo di lavoro diventa un apertura e un cambiamento di punti di vista che deve trovare spazi di rafforzamento o di continuità.

La consulenza/formazione per l’avvio del servizio si avvale del supporto del dott. Iudici  e della dott.ssa Faccio della facoltà di psicologia di Padova, che hanno svolto un attività di pre-programmazione del progetto e con cui sono state svolte alla fine del 2014 le prime 18 ore di formazione. Secondo le tempistiche fissate dal cronogramma del progetto, l’avvio del servizo sarà previsto per settembre 2016, il tempo che intercorre sarà di strutturazione metodologica e di costruzione di prassi operative. Compresa la costituzione di un gruppo di intervneto composto da membri dell’equipe della comunità terapeutica “L’arcobaleno” della Comunità di Capodarco di Fermo.

La comunità terapeutica “L’arcobaleno” ha avviato già da qualche anno un lavoro di “aftercare” con quanti hanno svolto il percorso terapeutico presso la struttura, percorso che sta raccogliendo importanti risultati per il mantenimento e di supporto per le persone che ne usufruiscono.